(Roma, 30 dicembre 2022) – Questa notte siamo giunti alla fase conclusiva dell’esame alla Camera del cosiddetto decreto legge “Rave party”, un provvedimento che, come ho già avuto modo di dire ieri, andrebbe più onestamente chiamato con il suo vero nome, il decreto “No Vax” del Governo Meloni.

Un provvedimento che abbiamo cercato di contrastare con una ferma, caparbia e perentoria opposizione volta a mostrare, sia di giorno che di notte in estenuanti sedute fiume, tutta la nostra più profonda preoccupazione e contrarietà. Un decreto che consideriamo fortemente pericoloso e altamente dannoso. Il primo, vero, atto politico di questo Governo e di questa maggioranza mette in discussione aspetti essenziali della libertà e della salute degli italiani; pone a rischio i soggetti più fragili e indifesi; crea ad arte situazioni di allarme sociale che non esistono; attacca lo spazio delle libertà personali; introduce, per decreto, nuove fattispecie penali; minaccia le fondamenta della convivenza civile e nega l’evidenza di una emergenza sanitaria che, seppur in forma molto ridotta che in passato, continua ad essere presente nelle nostre vite.

Misure emblematiche della concezione distorta di libertà che questo Governo ha: sono la destra di sempre, quella che non vede l’ora di reprimere gli spazi di libertà per i giovani che ascoltano musica e per i detenuti a cui viene fatta scontare la loro pena cercando nello stesso tempo di corrispondere il più possibile al diritto costituzionale del reintegro dell’individuo nella società. E sono la destra spregiudicata che in nome di una finta libertà ha strizzato l’occhio ai no vax, ha usato nel pieno della pandemia parole e comportamenti inqualificabili per cavalcare il malcontento e l’angoscia delle persone, e che oggi con questo decreto liscia il pelo a chi proprio nei momenti più duri si è sottratto alle regole mettendo a repentaglio la salute e la sicurezza di tutti.

Al termine dell’estenuante iter di approvazione le ragioni della nostra contrarietà si sono quindi rafforzate e arricchite di nuove argomentazioni che ho cercato di riassumere, intervenendo nel cuore della notte di oggi alla Camera, nella dichiarazione di voto finale. Qui potete trovare il video del mio intervento in Aula; più sotto e qui, invece, la trascrizione integrale dello stesso.

Signora Presidente, onorevoli colleghe e colleghi,

siamo giunti alla fase finale dell’esame di questo decreto legge e al termine di questo cammino le ragioni della nostra contrarietà si sono rafforzate e arricchite di nuove argomentazioni. Fin dal momento della sua approvazione in Cdm abbiamo giudicato sbagliate e infondate le ragioni della sua adozione: non c’era alcun motivo reale di necessità e urgenza per un decreto legge che conteneva, fin dal principio, argomenti tra loro così diversi, che nulla hanno a che fare con il principio di omogeneità: il contrasto ai rave, il rinvio della riforma Cartabia, l’abolizione dell’obbligo vaccinale per i medici, il reintegro dei medici non vaccinati. Abbiamo assistito alla profonda riscrittura al Senato della norma pasticciata e inutile sui rave party, una norma che tuttavia è rimasta, pur nella sua inutilità, e che introduce una nuova fattispecie di reato penale nel nostro ordinamento, all’articolo 633-bis, il nuovo delitto di “Invasione di terreni o edifici co pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica” in base al quale è punito con la pena di reclusione da tre a sei anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni e edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o con scopo di intrattenimento. Una norma contro i raduni e le manifestazioni che prevede l’applicazione di una pena del tutto spropositata e che segna un vulnus inaccettabile al diritto costituzionalmente riconosciuto di riunirsi liberamente. La norma che avete introdotto contraddice i principi fondativi del diritto penale nazionale, ossia necessità, offensività, proporzionalità, tassatività; è esemplare di un diritto penale simbolico per nulla ancorato ai reali bisogni di sicurezza del paese. E peraltro, come dimostrano i fatti, persino quello di Modena all’origine di questa insensata iniziativa legislativa, allo stato attuale, il nostro ordinamento già dispone di tutti gli strumenti necessari a sanzionare i comportamenti vagamente descritti dall’articolo 5.

Avete inserito in questo decreto legge norme penali, compiendo una forzatura inusitata; avete dato corpo a una concezione della giustizia che tradisce ogni dichiarazione di principio dello stesso Ministro della Giustizia del vostro Governo. Dietro la sospensione dell’entrata in vigore della riforma penale c’è l’idea di mettere pesantemente in discussione misure oggi previste dall’ordinamento, come le sanzioni alternative al carcere per reati minori. Una certa propaganda penal-populista le chiama “norme salva-ladri” mentre nella realtà si tratta di misure che potrebbero contribuire a dare una prima, parziale, risposta al sovraffollamento penitenziario, all’inadeguatezza degli spazi e del personale, alla difficile situazione che tocca operatori e detenuti e che ci consegna dati drammatici, ad esempio riguardo al numero di suicidi in carcere.

Vorrei richiamare di nuovo l’attenzione dell’aula su un fenomeno di cui si pala troppo poco: dall’inizio dell’anno secondo il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia 82 persone si sono tolte la vita all’interno di un istituto di pena. Mai così tante da quando si registra questo dato. Il precedente drammatico primato era del 2009, quando al 31 dicembre si erano suicidate 72 persone. Come l’ultimo avvenuto nel carcere di Rebibbia, a Roma: un giovane, di origine bengalese, è stata l’ottantaduesima vittima di suicidio dall’inizio dell’anno. Prima di lui a Napoli si era tolto la vita un uomo della stessa età che da poco era diventato padre di due gemelli. Nella drammatica sequenza di quest’anno si trovano anche un ottantatreenne, il più anziano a essersi tolto la vita, nove ragazzi tra i 18 e i 25 anni, e 5 donne, un numero altissimo, rapportato alla popolazione detenuta femminile (circa duemila). Altri 5 suicidi si contano tra gli agenti di polizia penitenziaria, come segnalano i sindacati. Mai si sono registrati numeri così alti: nemmeno nel 2012, quando c’erano 11mila detenuti in più, le carceri scoppiavamo e l’Italia è stata condanna dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per trattamento inumano e degradante. Eppure il carcere, colleghi, è solo una delle possibili risposte dello Stato per tutelare interessi primari della collettività; trattandosi di una risposta costosa, in termini economici e sociali, sarebbe doveroso ricorrervi solo quando ogni altro strumento risulta inefficace. E’ illusorio pensare che la pena e il carcere possano realizzare gli scopi della Costituzione attraverso la sola azione del Ministero della Giustizia, che deve invece integrarsi con quella di altre articolazioni del governo centrale (in specie dei Ministeri della Salute e delle Politiche sociali) ma soprattutto degli enti territoriali, in particolare delle Regioni, titolari di essenziali competenze in materia di sanità, lavoro, assistenza sociale e con le quali il dialogo, come ricorda il garante nazionale dei detenuti, è troppo spesso assente, con enormi conseguenze sulla gestione del carcere e sui diritti fondamentali dei ristretti. Ciò che, di recente, ha spinto la ex Ministra Cartabia a stipulare con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presieduta da Fedriga un protocollo per la realizzazione di un sistema integrato di interventi per il reinserimento delle persone detenute: iniziativa che non dovrà essere lasciata cadere. Per realizzare un carcere secondo la Costituzione c’è bisogno, soprattutto, di spazi adeguati, di personale formato, di una nuova idea della quotidianità detentiva, sia rispetto al mandato degli operatori e alla organizzazione del loro lavoro, sia rispetto alla vita delle persone detenute. Sul piano degli spazi, è essenziale una programmazione almeno decennale di realizzazione di nuovi istituti che consenta la chiusura delle strutture fatiscenti e l’apertura di nuove strutture.

Ma, soprattutto, va ripensato il modello di organizzazione dell’amministrazione, quello dei circuiti e il mandato istituzionale del personale. Perché il carcere è, soprattutto, il luogo della relazione umana, dove, anche grazie all’azione del privato sociale, la persona deve essere accompagnata in un processo di piena realizzazione della cittadinanza, in cui, accanto al riconoscimento dei suoi diritti, possa riacquisire il senso anche dei propri doveri di solidarietà politica e civile verso la comunità di cui fa parte. Contro tutte questa ragioni avete bocciato le nostre proposte di riconsiderare scelte sbagliate contenute nel decreto e anzi avete deciso di non prorogare i provvedimenti per i semiliberi assunti durante l’emergenza Covid. Tra una manciata di giorni, dal 1 gennaio, 700 persone che da oltre un anno lavorano e dormono fuori dal carcere saranno costrette a rientrarvi la notte. Persone che non hanno assunto comportamenti contrari alle regole stabilite, a cui viene imposta una modifica di esecuzione della pena che invece ha dimostrato di funzionare, senza che nel frattempo ci si sia preoccupati di affrontare il problema enorme del sovraffollamento carcerario.

Ho voluto richiamare l’attenzione dell’aula su queste due norme specifiche del DL che state per approvare perché emblematiche della vostra concezione distorta di libertà: siete la destra di sempre, quella che non vede l’ora di reprimere gli spazi di libertà per i giovani che ascoltano musica e per i detenuti a cui viene fatta scontare la loro pena cercando nello stesso tempo di corrispondere il più possibile al diritto costituzionale del reintegro dell’individuo nella società. E siete la destra spregiudicata che in nome di una finta libertà ha strizzato l’occhio ai no vax, ha usato nel pieno della pandemia parole e comportamenti inqualificabili per cavalcare il malcontento e l’angoscia delle persone, e che oggi con questo decreto liscia il pelo a chi proprio nei momenti più duri si è sottratto alle regole mettendo a repentaglio la salute e la sicurezza di tutti.

Abbiamo assistito in questo decreto al reintegro in servizio del personale sanitario no-vax, al rinvio delle multe ai non vaccinati, allo stop del green pass nelle RSA e negli ospedali e allo stop del tampone per uscire dall’isolamento; viene determinata, fino al 30 giugno 2023, la sospensione delle attività e dei procedimenti di irrogazione della sanzione nei casi di inadempimento dell’obbligo vaccinale per COVID-19: un vero e proprio condono sanitario per tutti coloro che non avevano rispettato l’obbligo di vaccinarsi, stiamo parlando di quasi 2 milioni di sanzioni rinviate. Non ci stupisce, purtroppo, vedere fare queste scelte da una parte di questo Governo e di questa maggioranza; del resto questo è stato l’atteggiamento di sempre di Fratelli d’Italia e anche della Presidente del Consiglio, persino nei momenti più tragici e dolorosi della pandemia. Ma ci domandiamo davvero come è possibile che questa scelta sia condivisa anche da quella parte della attuale maggioranza, che come noi si è caricata sulle spalle la responsabilità di scelte difficilissime e dolorose, ha condiviso la necessità di adottare nell’emergenza misure restrittive e anche costose, per le loro conseguenze economiche e sociali, con l’obiettivo sacrosanto di salvaguardare il più possibile la salute e la vita stessa dei nostri cittadini. Ma non vi sentiti offesi e mortificati dall’essere partecipi anche voi di questa rimozione di quello che è stata la pandemia? Ancor più di fronte a quello che sta avvenendo in questi giorni, di fronte ai dati preoccupanti che arrivano dalla Cina e anche dopo le parole che oggi ha pronunciato in quest’aula il Ministro della Salute Schillaci.

Ho ascoltato con attenzione signor Presidente quelle parole e mai mi sarei aspettata di registrare qui, in aula, un’ottusità incomprensibile dello stesso Governo e della maggioranza persino sugli ordini del giorno; ordini del giorno che impegnavano il Governo a assumere esattamente quelle stesse misure di cui poche ore prima ci aveva parlato il Ministro Schillaci, sul rafforzamento delle misure di prevenzione, sull’uso delle mascherine sui luoghi di lavoro. Un’ottusità e una chiusura impressionanti. Così come è stato sconcertante ascoltare le parole del deputato intervenuto proprio sull’informativa del Ministro per conto dei FdI: ha accusato l’opposizione addirittura di “sperare” in un ritorno della pandemia. Ma fino a punto può arrivare la vostra propaganda? Fino a che punto può arrivare la vostra violenza verbale e la vostra malafede? Non ho timore di dirlo in quest’aula signor Presidente; ascoltando quelle parole oggi ho provato davvero paura per quello che sarebbe stato se a gestire quei mesi tragici fosse stato questo Governo e questa destra spregiudicata e ossessionata solo dalla ricerca del consenso, incapace di dismettere i panni dell’opposizione persino quando è al Governo perché capace solo di cavalcare la paure e le preoccupazioni delle persone, persino di fronte alla tragedia del Covid.

Ma vi rendete conto del messaggio che von questo decreto avete mandato al Paese? Che i medici che sono stati in prima linea a lottare contro il COVID promuovendo la campagna vaccinale si sbagliavano, che tanto valeva fare i furbi, che i vaccini non erano importanti, che non serviva assumersi tutti un pezzetto di responsabilità per proteggere i più fragili e i più deboli.

E anche oggi state continuando a raccontare che il Covid è alle nostre spalle, che non serve continuare a insistere nella campagna vaccinale a fronte del dato allarmante di soli 5 milioni e mezzo di persone, solo il 29,18 per cento della platea degli aventi diritto, che ad oggi ha ricevuto la quarta dose. State continuando a mortificare le ragioni della scienza che invece ci richiamano a tenere alta la guardia, a farci carico di un messaggio corretto ai cittadini, a usare con trasparenza i dati per non ripiombare in un incubo di cui tanti, troppi cittadini portano ancora le cicatrici. E invece questo Governo che raccoglie i risultati di chi lo ha preceduto, ha deciso di pagare il conto elettorale ai no-vax e di mettere a rischio non solo la salute dei suoi cittadini ma persino la tenuta economica e sociale del Paese.

Questo decreto è il primo vero atto politico di questo Governo e di questa maggioranza: mette in discussione aspetti essenziali della libertà e della salute degli italiani, mette a rischio i soggetti più fragili e indifesi, crea ad arte situazioni di allarme sociale che non esistono, attacca lo spazio delle libertà personali, introduce, per decreto, nuove fattispecie penali, minaccia le fondamenta della convivenza civile e nega l’evidenza di una emergenza sanitaria che, seppur in forma molto ridotta che in passato, continua ad essere presente nelle nostre vite.

Per tutte queste ragioni abbiamo usato tutti gli strumenti a nostra disposizione e nonostante le innumerevoli forzature fatte dalla maggioranza e dal Governo per contrastare questo decreto dannoso e pericoloso, intriso di propaganda e irresponsabilità. E per tutte queste ragioni il gruppo del Partito Democratico voterà convintamente NO alla sua conversione in legge.

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DECRETO ‘RAVE PARTY’: “Decreto fortemente pericoloso e dannoso”
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