(Sharm El Sheikh, 13 novembre 2022) – Oggi sono intervenuta in rappresentanza della Camera dei Deputati alla riunione dell’Unione interparlamentare della COP27. Un appuntamento che ormai da anni accompagna tutte le Conferenze delle parti sui cambiamenti climatici e che quest’anno ha visto la partecipazione di delegazioni di 60 Paesi.
Il documento conclusivo approvato all’unanimità ha affermato l’impegno dei Parlamenti nel supportare gli sforzi globali per contrastare i cambiamenti climatici, nell’adottare leggi che sostengano la mitigazione e l’adattamento, nel dare attuazione all’impegno internazionale già stabilito dagli Accordi di Parigi di una finanza per il clima con l’importante pronunciamento a favore di un fondo addizionale e dedicato per far fronte alle “perdite e danni” a beneficio dei Paesi colpiti dai disastri causati dal cambiamento climatico.
Qui di seguito, il testo, tradotto in italiano, del mio intervento alla sessione mattutina del meeting dell’Unione Interparlamentare
“Signor Presidente, colleghi rappresentanti dell’Unione Interparlamentare,
è un onore partecipare all’incontro promosso dall’Unione Interparlamentare qui alla 27ma Conferenze delle Parti delle Nazionali Unite.
Come membro del Parlamento di un Paese, l’Italia, che insieme al Regno Unito ha organizzato la Conferenza delle Parti dello scorso anno – a Milano e a Glasgow – so bene che in questi appuntamenti la strada è spesso in salita. Non dobbiamo però temere le difficoltà, anche perché non abbiamo altra scelta. La COP27 rappresenta infatti un’opportunità di estrema importanza per il futuro del nostro Pianeta, un momento di speranza per i nostri popoli, un’occasione per tracciare nuovi sentieri per lo sviluppo sostenibile, i diritti sociali ed un’economia più legata alla giustizia sociale. La nostra Agenda 2030. A cominciare dall’accesso al cibo, ai farmaci, all’acqua e per rafforzare i diritti delle donne. Un appuntamento che mette l’Africa, troppo spesso dimenticata, in primo piano.
La collaborazione e il dialogo internazionali non sono poi soltanto una necessità, ma un metodo che ha dimostrato appieno la propria efficacia per il mantenimento della pace. Sfide comuni ci interpellano, e richiedono un impegno comune, a partire dal contrasto alla crisi climatica. Così evidente anche nella regione del Mediterraneo. E seppur sul Coronavirus pare ci stiamo lasciando alle spalle – come speriamo – il periodo più buio, molto resta ancora da fare. L’Africa che ospita il 17% della popolazione mondiale, il vaccino ha raggiunto solo il 21,6% della popolazione. E nonostante l’intero continente sia responsabile di appena il 3% delle emissioni globali, si trova ad essere vittima di una percentuale ben più consistente delle conseguenze avverse dei cambiamenti climatici: dalla desertificazione ad apocalittiche inondazioni, alla allarmante riduzione del terreno coltivabile, con le gravi conseguenze sull’alimentazione.
Di fronte alla minaccia più grande che investe l’umanità, quella climatica, a pagare non possono essere le persone più deboli in ogni parte della Terra, quelle che hanno meno possibilità economiche e meno disponibilità di conoscenze, e le generazioni future, che rischiano di trovarsi sulle spalle un’eredità così pesante da compromettere ogni opportunità di realizzazione e progresso.
I Parlamenti sono la massima rappresentanza delle proprie nazioni. E la maggior parte delle persone sa che il cambiamento climatico è in atto ed è un problema da affrontare perché sempre più tangibile. Non sembra però ancora esserci una piena consapevolezza della profondità e dell’urgenza delle trasformazioni di cui abbiamo bisogno: rifondare un intero sistema produttivo e la società nello stesso tempo e più in fretta possibile. Agire in questa direzione aiutando e spingendo – nei nostri consessi – i Governi a tracciare quadri normativi che tengano insieme giustizia ambientale e giustizia sociale è una scelta obbligata e rappresenta la più grande sfida del nostro tempo. A tal proposito posso portarvi esempi concreti: il Parlamento italiano ha promosso norme per favorire l’efficienza delle abitazioni grazie a un risparmio fiscale oppure leggi che trasformano i consumatori e le imprese in produttori collettivi di energia con le comunità energetiche, infine norme che combattono lo spreco alimentare. Piccoli esempi che muovono comportamenti sociali, abbattono le emissioni, promuovono lavoro e innovazione.
I “nostri” Parlamenti, specie quelli di Paesi con le più alte emissioni, non possono esimersi da un ruolo importante affinché nei budget annuali dei rispettivi Paesi, si prevedano stanziamenti e strumenti adeguati al meccanismo internazionale del “Loss& Damage”, ovvero la risposta ai danni generati dai cambiamenti climatici, tema centrale di questa Cop27.
La transizione energetica e ambientale rappresenta un punto di svolta per la configurazione delle alleanze industriali e commerciali a livello internazionale. Il livello di cambiamento che tale rivoluzione porterà negli equilibri economici internazionali è ancora di difficile definizione ma segnerà, in particolare per i paesi industrializzati, una decisa riduzione della dipendenza da fonti fossili esterne. Tuttavia, la “storica” dipendenza potrebbe essere sostituita da una nuova necessità di approvvigionamento, come sta dimostrando l’aumento della richiesta di terre e metalli rari necessari alla produzione di auto elettriche, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici e tutte le nuove applicazioni utili ad assicurare una transizione verde dell’economia e della società.
Per concludere: è in questi momenti che è necessaria la determinazione a consolidare un partenariato di lungo periodo tra Governi e Parlamenti per affrontare insieme i temi della sicurezza, dello sviluppo sostenibile, di una gestione più efficace del fenomeno migratorio, della promozione dei valori di libertà e dei diritti civili, di partecipazione e del dialogo tra i popoli, quali antidoti ai conflitti, alla radicalizzazione e all’instabilità. Vi ringrazio.”