Editoriale pubblicato su Domani
- La Giornata mondiale della Terra e per il secondo anno consecutivo questa ricorrenza cade nel corso della pandemia. Il virus ha mietuto oltre tre milioni di vittime e acuito crisi economica e sociale, povertà, disuguaglianze.
- Dobbiamo pensare alla ripartenza: il rispetto degli accordi di Parigi, oltre a contenere il limite massimo di riscaldamento globale, sarebbe in grado di generare 18 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa.
- Occorre dare una risposta alla crisi e insieme alle opportunità generate da questa fase, concentrandoci su tre grandi “missioni” per il nostro paese: decarbonizzazione, economia circolare, tutela e la valorizzazione della biodiversità.
(Roma, 22 aprile 2021) – Oggi è la Giornata mondiale della Terra e per il secondo anno consecutivo questa ricorrenza cade nel corso della pandemia. Tutto quello che è accaduto in questo tempo discende da un virus venuto da lontano, che ha mietuto oltre tre milioni di vittime e acuito crisi economica e sociale, povertà, disuguaglianze. Se una flebile consolazione può esserci questa è data dalla scienza, non solo per aver creato in tempi eccezionalmente rapidi i vaccini, unica arma per contrastare la diffusione del virus, ma perché abbiamo verificato quanto gli scienziati ci dicono da più di quarant’anni richiamandoci ad uno sviluppo equo e sostenibile per evitare conseguenze tragiche. L’umanità per sopravvivere deve cambiare paradigma: non solo per dare risposta alla “generazione Greta” che pre-Covid19 riempiva di ragazze e ragazzi le piazze del mondo ma anche perché farlo è l’unica reale opportunità di progresso.
Mobilità e pandemia
Ricordiamo tutti le poche automobili in circolazione nella prima ondata della pandemia, la maggioranza delle imprese e degli uffici deserti. Gli effetti del confinamento sono stati gravosi per le nostre attività, che devono per questo essere sostenute in ogni modo nella ripartenza, ma ha senza dubbio prodotto benefici per il nostro ecosistema: il minore inquinamento atmosferico, luminoso e acustico, la fauna e la flora che con una potenza mai vista si sono riappropriati di spazi preclusi dalla antropizzazione. D’altro canto bastava affacciarsi alle finestre per cogliere, pur nell’angoscia di una pericolosa epidemia, una natura diversa, più forte.
Covid e inquinamento
Lo ha confermato anche l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, verificando che in quelle settimane le emissioni di gas climalteranti legati al traffico – come gli ossidi di azoto, il biossido di azoto, il monossido di carbonio e il benzene – sono diminuiti di quasi il 50 per cento, soprattutto in Lombardia e più in generale nella pianura padana, una tra le zone più inquinate d’Europa e tra le più colpite dal virus. A questo va anche aggiunto che sebbene non vi sia alcuna rilevanza scientifica di correlazione diretta tra Covid-19 e inquinamento atmosferico, è altrettanto vero che nelle zone in cui la qualità ambientale è scarsa ci sono maggiori problemi di salute che colpiscono l’apparato cardiovascolare, polmonare, endocrino. Dagli ultimi dati dell’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2018 in Italia ci sono state 52.300 morti premature associate all’esposizione al particolato fine (su 379.000 totali nei 28 Stati membri Ue), un numero tra i più alti in Europa. Passando alla qualità delle acque si è notato che proprio nel lockdown sono state numerose le specie ittiche che si sono avvicinate sotto costa grazie ad un ecosistema marino più favorevole dovuto al rallentamento di pesca e traffico marittimo.
La ripartenza
Per dar ragione a scienziati, ai giovani in piazza, alla società civile e agli ambientalisti dovevamo proprio essere obbligati a fermarci? Purtroppo sembra di sì. Per questo dobbiamo prendere quel poco di positivo di questa emergenza per evitare che la pressante richiesta di ripartenza post pandemia si traduca in una semplice riproposizione di ricette del passato, superate e fallimentari. Oggi abbiamo la grande occasione di costruire una nuova stagione di sviluppo, che punti a una reale e concreta sostenibilità ambientale, sociale e economica. Lo possiamo e lo dobbiamo fare. Secondo le ultime stime della Commissione Europea, seguendo il percorso di rilancio dell’economia sostenuto dall’Unione anche grazie al programma Next Generation EU, i lavoratori legati alla transizione energetica potrebbero raggiungere i 100 milioni nel 2050.
Accordi di Parigi e lavoro
Il rispetto degli Accordi di Parigi, oltre a contenere il limite massimo di riscaldamento globale, sarebbe in grado di generare 18 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa. Per l’Europa l’ambiente è la chiave del futuro. Ed è per tale ragione che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha messo l’obiettivo della transizione ecologica tra le primissime priorità del suo mandato, ribadita in ogni occasione dal Commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni. Proprio ieri l’Europa ha raggiunto un accordo storico sulla legge sul clima; l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 e la riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento al 2030 sono diventati obiettivi vincolanti per tutti gli Stati membri e segneranno il cammino della prossima generazione. L’Europa si conferma leader nella lotta ai cambiamenti climatici in una nuova agenda globale che vede un nuovo protagonismo anche degli Stati Uniti guidati dal Presidente Biden.
Per l’Italia
Per l’Italia questa occasione vale ancor di più. Oltre un terzo delle risorse complessivamente mobilitate dal Recovery Plan andranno a sostenere progetti finalizzati alla transizione ecologica, per generare lavoro di qualità, innovazione digitale e tecnologica, riduzione delle disparità tra le aree del Paese. Alla politica spetta il compito di accompagnare questa transizione, perché nessun processo di trasformazione vera è neutro e per questo richiede capacità di scelta e di governo. Occorre dare una risposta alla crisi e insieme alle opportunità generate da questa fase, concentrandoci su tre grandi “missioni” per il nostro paese: decarbonizzazione, economia circolare, tutela e la valorizzazione della biodiversità. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ci ha colpito molto e ci ha aperto gli occhi su molte questioni. Abbiamo sofferto e abbiamo visto la natura rifiorire davanti alle nostre paure. Ora tocca a noi costruire una nuova stagione, a partire dalla Terra che è il bene più prezioso da preservare e consegnare alle generazioni future.