(Como, 11 febbraio 2020) – Una “bomba sociale“. Fondazione Comasca ha commentato così, in modo netto e ruvido, a La Provincia di Como, i dati relativi alla dispersione scolastica nella provincia di Como, “fra le medie più alte di tutta Italia”. E in effetti, numeri alla mano, negli ultimi cinque anni, tra il 2014 e il 2019, in provincia di Como, non si sono diplomati 1.408 studenti su 4.677 iscritti. Il tasso di dispersione è dunque pari al 30,1% degli iscritti, percentuale superiore alla media nazionale stimata attorno al 23,9%.

Siamo di fronte ad una “fortissima crisi educativa” che anche nel territorio comasco assume i tratti identificativi di quella “povertà educativa” che pare impossibile si snodi qui in Lombardia, al Nord. E invece tutti gli studi ci dicono il contrario, soprattutto se riferiti all’abbandono scolastico, aspetto che insieme alle ripetenze, alle bocciature, alle interruzioni di frequenza, al ritardo nel corso degli studi, all’evasione dell’obbligo scolastico, vanno a comporre quel processo complesso che è la dispersione scolastica.

In un recente articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Federico Fubini conferma come “gli italiani tornano a distaccarsi dagli studi; sempre meno spesso li concludono. Abbandonano più di prima anche quando proseuire sarebbe stato gratuito o quasi”.

Ma aggiunge anche qualcosa in più su cui occorre soffermarci. “Nel 2017 e 2018 il tasso di abbandono scolastico delle scuole è tornato a peggiorare, in controtendenza con l’andamento dell’occupazione (che migliora) e dell’economia (che migliorava e ora non peggiora).” Ciò sta a significare quindi, che “il fenomeno della cosiddetta uscita precoce dal sistema di istruzione si muove in contraddizione, anche, con le tendenze della società italiana: la quota degli studenti che non arriva al diploma aumenta di più nelle regioni maggiormente sviluppate e, a livello nazionale, in particolare fra le ragazze che pure erano sempre rimaste più dei maschi fra i banchi di scuola”. Fubini parla di un rovesciamento dei dati: il tasso generale di abbandono scolastico in questo secolo era sempre sceso, ma ora ridsale dal 13,8% al 14,5%, negli ultimi due anni fino al 2018″. Mentre la media europea è del 10,6%. E a proposito di confronto europeo, sempre nel 2018, l’Italia si trova in quartultima posizione per l’incidenza di abbandoni dopo Spagna, Malta e Romania.

Nello specifico. “In Lombardia il tasso di abbandono maschile, è ripreso a salire nel 2017-2018 proprio quando la regione è cresciuta economicamente di oltre il 4%. Gli studenti maschi che lasciano le sucole prima del diploma risalgono di due punti al 16,4%, un livello superiore a Lazio, Abruzzo e Molise. Quanto alle ragazze, fra loro i nuvoi aumenti in media nazionale dell’ultimo biennio sono più forti che per i maschi e si concentrano molto in Piemonte e in Veneto”.

Cifre e numeri che fanno da “termometro della società, della capacità dei genitori di seguire i figli, delle scuole di stare in contatto con le famiglie (e viceversa), dei ragazzi di vedere un futuro attraverso la propria stessa educazione. A loro la scuola sembra sempre di meno un ascensore sociale“. Ed anzi questi elementi confermano ulteriormente che l’ascensore sociale in Italia è bloccato.

Su questo fenomeno occorre riflettere ed indagare. Ben venga l’intervento educativo varato a Como con il piano specifico “Non uno di meno” che mira a comabttere la dispersione scolastica comasca, finanziato con circa un milione di euro da Fondazione Con i Bambini e Fondazione comasca. Un progetto che vuole utilizzare un approccio inclusivo e partecipativo che speriamo faccia da “scossa” per tutta la comunità, istituzioni ed enti locali locali. Perchè l’emancipazione sociale dei più giovani passa per una buona istruzione.

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DISPERSIONE SCOLASTICA: “In provincia di Como una bomba sociale”
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