(Roma, 30 maggio 2019) Sono saliti a 150 i tavoli di crisi occupazionale aperti al Ministero dello Sviluppo Economico che coinvolgono più di 210 mila lavoratori. L’aumento rispetto ai 138 di gennaio è dovuto sostanzialmente all’estensione della crisi al settore della grande distribuzione organizzata. Come dimostra la vicenda Mercatone Uno, storico marchio imolese dell’arredamento che accompagnò i trionfi ciclistici del “pirata” Marco Pantani.
Mentre l’Italia si apprestava ad andare alle urne per le elezioni europee i lavoratori della Mercatone Uno, hanno scoperto del fallimento della loro azienda, decretato venerdì 24 maggio dal Tribunale di Milano, e quindi di non avere più un impiego attraverso un banale messaggio su Whatsapp e Facebook, senza “nessuna comunicazione ufficiale da parte dell’azienda”.
Una modalità di comunicare il licenziamento che senza dubbio manca di rispetto e lede la dignità dei circa 1.860 dipendenti, di cui 500 in Lombardia, che da anni lavorano nei 55 stabilimenti d’Italia della Mercatone Uno, e che forse dice tutto, più dei dettagli e dei libri contabili, sulla condizione in cui spesso è ridotto il mondo del lavoro.
La società Shernon Holding, di proprietà dell’imprenditore Valdero Rigoni e dell’americano Michael Thalmann, subentrata alla precedente amministrazione straordinaria della Mercatone Uno lo scorso agosto, in soli 9 mesi ha accumulato ben 90milioni di euro di debiti e già a novembre si era vista chiudere l’accesso al credito bancario. Stiamo parlando di 5-6milioni di euro di perdite al mese (“calcolate per difetto“, scrive il commissario giudiziale M.A. Russo).
Cifre insostenibili che fanno della crisi della Meracatone Uno una vicenda “inedita e drammatica”, in cui le responsabilità devono essere sicuramente attribuite alle scelte dei vertici aziendali che non hanno mantenuto la promessa del rilancio dell’azienda ma anche del Governo e, in particolare, del ministro Di Maio, che ha sottovalutato e mancato di vigilare sulla condizione dell’azienda. Come spiegano le rappresentanze sindacali, “E’ inaccettabile che gli organi di vigilanza del ministero non abbiano verificato il rilancio promesso (25milioni di investimenti per assicurare la continuità aziendale, la salvaguardia di circa 2mila posti di lavoro) e la sostenibilità aziendale degli acquirenti”.
Sono trascorsi mesi di totale silenzio del Governo mentre l’unica cosa che ha saputo fare il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio è stato esprimere solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie (ci mancherebbe altro!) e convocare un tavolo di confronto con i sindacati, quando ormai i buoi erano scappati. Un intervento limitato e soprattutto tardivo per il quale a pagare dell’incompetenza del Governo Lega-M5S sono ancora una volta i lavoratori lasciati a casa dall’oggi al domani e le imprese creditrici.