(Roma, 29 marzo 2019) – “La legge a trazione leghista e sudditanza grillina ha una inutilità statistica evidente nelle appena 58 sentenze giunte in Cassazione negli ultimi 12 anni sulla legittima difesa domiciliare; o negli appena 3 procedimenti iscritti nel 2015, 2 nel 2016 e 5 nel 2017 censiti dal Ministero della Giustizia”. E’ questa, ad oggi, l’entità del fenomeno della legittima difesa in Italia, la cui riforma voluta e festeggiata dall’ennesima t-shirt da Matteo Salvini e dalla Lega, è divenuta ieri legge dello Stato. I dati riportati sopra sono più o meno gli stessi indicati dagli esperti e da giornalisti sui diversi quotidiani, nei dibattiti televisi. Si confermerebbe dunque una certa irrilevanza statistica di casi che farebbe giustamente pensare ad una “insignificanza” nel voler modificare la norma che disciplina la legittima difesa. Un’insignificanza che non è per nulla tale se la si legge anche in un’ottica valoriale.

La difesa è sempre legittima“, sempre? In ogni circostanza? A priori? Mi domando. Perchè si ha come l’impressione di assistere ad una “inversione della della tavola di valori che si intende veicolare”. Questa norma, infatti, “prova a spostare il limite di tollerabilità sociale, e ad abbassare il costo etico della legittimità di condotte difensive letali a tutela di beni materiali”; con questa riforma “si sussurra di voler sostituirel’inviolabilità della vita (anche del ladro) con l’inviolabilità della proprietà (del derubato); “si trasforma la legittima autodifesa da scelta necessitata a fronte di un pericolo senza alternative, in una forma invece di punizione del reo, erogata in via anticipata dal privato e subappaltatagli dallo Stato che ammette di non saperlo proteggere”. E’ in questa riflessione di Luigi Ferrarella del Corrire della Sera il cuore etico e morale della nuova legittima difesa: un po’ più alla roba, un po’ meno alla persona in uno Stato che si arrende.

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LEGITTIMA DIFESA, il (dis)valore di una riforma in una maglietta