L’Unità, giovedì 14 gennaio 2016 – di Chiara Braga, deputata PD, responsabile nazionale Ambiente
Con la conversione del decreto legge per la cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, il Governo Renzi porta a termine un altro impegno. Lo dovevamo in primis ai lavoratori del gruppo, alle città di Taranto e di Genova , all’ Italia intera perché è anche da queste misure che si cambia il Paese. Il fallimento del maggior complesso industriale per la lavorazione dell’acciaio in Europa risolverebbe, a scapito dell’economia nazionale, il surplus di produzione di acciaio. Lascerebbe poi senza esito positivo una enorme questione ambientale e costituirebbe un incredibile vantaggio a favore di concorrenti internazionali (e non è affatto detto che questi ultimi rispettino gli stessi standard ambientali già prescritti all’ILVA).
Un complesso industriale che dà lavoro a 12 mila persone su una superficie complessiva di oltre 15 milioni di metri quadrati non è un bene qualsiasi da mettere all’asta, ma il luogo in cui poter costruire una nuova opportunità, affrontando due grandi questioni: l’equilibrio produttivo nel settore dell’acciaio e l’impatto ambientale.
L’Italia ha oggi un’occasione per dare corso agli impegni recentemente assunti alla Conferenza sul Clima di Parigi: dare concretezza alla decarbonizzazione della sua economia, all’interno comunque di politiche di sviluppo e lavoro, grazie al cambiamento tecnologico, all’innovazione, al risanamento ambientale rafforzati dalle misure del decreto di cui oggi ci occupiamo.Ricordiamoci infatti che l’Italia è il secondo produttore europeo di acciaio dopo la Germania. Nel 2014, la siderurgia italiana ha prodotto 23,7 milioni di tonnellate di acciaio. Il nostro sistema industriale utilizza l’acciaio per produrre in settori in cui siamo leader, parte della ripresa economica da cui è stato caratterizzato il 2015 si basa perciò anche su questo.
Sulla questione ILVA – primo caso in Europa di commissariamento per motivi ambientali – l’assunzione di responsabilità del Governo è stata importante e fattiva. Vengono messi a disposizione dal Governo 800 milioni di euro per l’attenzione del piano ambientale, l’obbligo di rivalsa sui responsabili dell’inquinamento, ribadito nel testo approvato dall’Aula, attua il principio “chi inquina paga”; i 300 milioni di euro a favore dell’amministrazione straordinaria, di cui è prevista la restituzione, sono necessari per contemperare le esigenze di continuità produttiva e occupazionale con quelle di tutela ambientale e sanitaria; il Parlamento ha introdotto misure per l’integrazione al reddito dei lavoratori dello stabilimento di Genova Cornigliano, garantendo l’attuazione dell’Accordo di Programma di Genova; l’accesso agevolato al Fondo di garanzia per 35 milioni di euro tutela le piccole e medie imprese dell’indotto ILVA; è garantita la conformità alle norme europee, sia sul piano dei finanziamenti che sul rispetto dell’ambiente e ogni eventuale modifica del piano ambientale dovrà tener conto delle scelte tecnologiche più avanzate e sostenibili che tutti noi auspichiamo.
Con questo provvedimento si interviene poi efficacemente nella vigilanza sulla riconversione industriale e sulla bonifica ambientale e sanitaria dello stabilimento. Per il Partito Democratico il futuro del gruppo ILVA e di Taranto passa dalla capacità di tenere insieme il destino produttivo dell’area e il suo imprescindibile risanamento ambientale e sanitario. E chi si è opposto al decreto ha sostenuto la propria opinione con motivazioni poco credibili e di queste posizioni sterili l’Italia non ha proprio bisogno.
Taranto non è poi soli il polo siderurgico ILVA, ma anche l’intera riqualificazione dell’area cittadina in funzione del già avviato Contratto istituzionale di Sviluppo, occasione di recupero ambientale e di lavoro finanziata dal Governo con oltre 270 milioni di euro. Penso agli interventi per il porto di Taranto, per il quartiere Tamburi, penso alla bonifica del deposito radioattivo Cernera di Statte abbandonato da oltre 15 anni, risolto grazie anche all’intervento diretto dalla Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo illecito dei rifiuti.
L’ ILVA ha quindi oggi più che in passato l’occasione reale di trasformarsi “da grande malato” a campione positivo dell’innovazione e del rilancio produttivo sostenibile.
E’ dovere dell’Italia, seconda potenza manifatturiera d’Europa e settima al mondo, rispondere concretamente alla sfida dell’innovazione e della sostenibilità del suo modello produttivo. Come accade quotidianamente per tante piccole e medie imprese in tutto il Paese.
DECRETO ILVA, EVITATO IL FALLIMENTO