(Roma, 12 novembre 2025) – La COP30, aperta pochi giorni fa in Brasile, a Belém – un luogo fortemente voluto dal Presidente Lula e carico di significati perché “porta d’accesso” all’Amazzonia, la più grande foresta pluviale tropicale del mondo, ‘il polmone del mondo’ – segna un passaggio cruciale per la mobilitazione e la diplomazia climatica globale.
A dieci anni dagli Accordi di Parigi e venti dal Protocollo di Kyoto, la comunità internazionale è chiamata a dimostrare di saper passare dalle parole ai fatti, in un contesto geopolitico fortemente instabile e complesso.
Questa dovrebbe essere la “COP dell’attuazione”, capace di trasformare gli impegni presi nei precedenti colloqui in azioni e impegni finanziari concreti. Tuttavia l’assenza o la ridotta partecipazione di grandi inquinatori mondiali come Cina, Stati Uniti e India rischia di indebolirne la sua forza negoziale. Il pessimismo sta accompagnando queste prime giornate, ma non tutto è perduto.
Oggi parto per Belém, in rappresentanza della delegazione parlamentare del nostro Paese, consapevole che i temi di cui si discuterà in questi giorni intrecciano non solo questioni climatiche ma anche economiche e di giustizia sociale. Riguardano il presente e il futuro dell’umanità, la sua sicurezza, il benessere e la pace dei popoli.
L’Italia e l’Europa hanno il dovere di contribuire con idee, tecnologie e politiche coerenti alla transizione ecologica, e non rinunciare – come vorrebbe una destra spesso miope e negazionista – ad assumere un ruolo da protagonista nel percorso verso uno sviluppo sostenibile e una reale giustizia climatica.
Come Partito Democratico crediamo da tempo che la lotta al cambiamento climatico debba essere il motore di un nuovo modello di sviluppo fondato su giustizia sociale, lavoro dignitoso e tutela dell’ambiente, per costruire un futuro equo e sostenibile per tutti e tutte.


