(Roma, 13 marzo 2024) – Anche stavolta dalla parte sbagliata. Oggi al Parlamento europeo i partiti italiani della maggioranza di governo, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, hanno votato contro la direttiva per le case green, nonostante in Aula sia approdata una versione più soft, dopo l’intesa tra le istituzioni comunitarie.
La direttiva sulle case green, che si pone l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050 per il parco immobiliare dell’Unione europe, non è un’impuntatura ambientalista, ma l’unica risposta per contribuire in modo serio alla riduzione di emissioni inquinanti, garantire risparmio energetico e abbassare notevolmente le spese per le famiglie. E la miopia di certe forze non consente loro di vedere gli sforzi fatti per giungere ad un accordo conclusivo in cui molti dei vincoli della proposta iniziale sono stati rivisti e ammorbiditi.
Scegliere di ignorare la crisi climatica o addirittura frenare le misure che permettono di fronteggiarla è indice di scarsa lungimiranza e sconsiderato egoismo nei confronti delle prossime generazioni ma anche dei più fragili del nostro tempo che sempre più a fatica potranno affrontare le emergenze scatenate dal clima.
L’europeismo di facciata e a favore di telecamere non aiuta certo a salvare la terra, né cittadini e imprese ad avere più risorse e strumenti per proteggersi dalla crisi climatica.
COSA PREVEDE LA NUOVA DIRETTIVA APPROVATA
Secondo l’Istat oltre l’82% degli edifici in Italia sono residenziali, cioè 12 milioni sui 14,5 milioni totali, con i restanti 2,5 milioni rappresentati da altre tipologie. Questi edifici sono mediamente “vecchi”: secondo l’Enea, quasi 6 su 10 hanno un’età media di 59 anni e la classe energetica attuale non è buona. Infatti, come rilevato, quasi la metà degli edifici residenziali attualmente presenti è in classe G oppure E, cioè le due più basse. Nell’Unione europea, gli edifici sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di
gas a effetto serra.
Ecco i principali elementi del testo licenziato in via definitiva oggi dal Parlamento Europeo con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 46 astenuti.
EDIFICI NUOVI – Dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. Per quelli di proprietà pubblica la scadenza è fissata al 2028.
RISTRUTTURAZIONI – Abbandonata l’idea delle classi energetiche armonizzate, almeno il 16% – rispetto al 2020 – degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case si applicherà un obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% dal 2030 e del 20-22% entro il 2035. Una promozione che richiede interventi come cappotto termico, sostituzione degli infissi, nuove caldaie a condensazione, pannelli solari.
PANNELLI SOLARI – L’obbligo di installarli riguarderà i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Dovranno inoltre essere attuate strategie, politiche e misure nazionali per dotare di impianti solari gli edifici residenziali.
CALDAIE A GAS – I Paesi avranno tempo fino al 2040 per dire addio alle caldaie a combustibili fossili, mentre dal 2025 saranno aboliti tutti i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili. Previsti anche incentivi per incoraggiare il passaggio a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili.
FLESSIBILITA’ – Le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo di efficienza.
ESENZIONI – I governi potranno esentare gli edifici storici e agricoli, le chiese e i luoghi di culto, gli immobili a uso militare e quelli utilizzati solo temporaneamente.
ENTRATA IN VIGORE – L’accordo dovrà ora essere confermato dai governi nazionali per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore venti giorni più tardi.
PIANI NAZIONALI – I Ventisette avranno due anni di tempo per adeguarsi presentando a Bruxelles le loro tabelle di marcia per indicare la via che intendono seguire per centrare gli obiettivi di effiencientamento.
INVESTIMENTI – La Commissione europea stima che entro il 2030 saranno necessari 275 miliardi di euro di investimenti annui per la svolta energetica del parco immobiliare, ovvero 152 miliardi di euro di investimenti all’anno in più rispetto alle risorse attuali. Non sono previsti finanziamenti dedicati, ma i Paesi potranno attingere ai fondi Ue per sostenere la svolta: tra questi, il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale.
Dopo il via libera del Parlamento Ue, l’accordo dovrà essere confermato dai Governi nazionali per poi essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore venti giorni dopo. Gli Stati membri avranno poi due anni di tempo per adeguarsi alla direttiva e presentare all’Ue un piano nazionale di ristrutturazione, con l’indicazione della tabella di marcia nella quale dovranno spiegare come intendono raggiungere gli obiettivi fissati dalla normativa Ue e attraverso quali tappe. Il piano andrà approvato entro il 2026 e andrà aggiornato ogni 5 anni.