(Roma, 30 giugno 2021) – Oggi l’Ispra- Istituto Superiore per la Protezionee la Ricerca Ambientale ha presentato il “Rapporto SNPA sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici”, un volume che rappresenta il primo studio di multilivello sul monitoraggio degli effetti del riscaldamento globale in Italia fissando un sistema dinamico e aggiornabile, anche in funzione di eventuali nuove acquisizioni scientifiche. Per tenere sotto osservazione il fenomeno dei cambiamenti climatici e misurare l’efficacia delle azioni di contrasto e adattamento adottate, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente ha individuato un primo set di 20 indicatori nazionali e 30 casi pilota regionali afferenti a 13 settori vulnerabili che vanno dalle risorse idriche al patrimonio culturale, passando attraverso agricoltura e produzione alimentare, energia, pesca, salute, foreste, ecosistemi marini e terrestri, suolo e territorio, ambiente alpino/appenninico e zone costiere.
I risultati scientifici, com’è facile immaginare, non lasciano dubbi e, anzi, lanciano segnali allarmanti soprattutto riferiti all’ambiente alpino e i mari italiani, osservati speciali dal Rapporto.
L’ambiente alpino presenta evidenti tendenze alla deglaciazione. L’effetto combinato delle elevate temperature estive e della riduzione delle precipitazioni invernali, fanno registrare una perdita costante di massa. Ciò significa che i nostri ghiacciai fondono ogni anno di più.
A tali fenomeni si aggiunge una chiara tendenza al degrado del permafrost. L’analisi di due siti pilota regionali in Valle d’Aosta e in Piemonte evidenzia un riscaldamento medio di +0,15 gradi ogni 10 anni con un’elevata probabilità di “degradazione completa” entro il 2040 nel sito piemontese.
Passando dai monti al mare la situazione mostra comunque segnali inequivocabili: i mari mostrano evidenti aumenti di temperatura con alterazioni marcate nel Mar Ligure, Adriatico e Ionio settentrionale, con evidenze di stress idrico per colture e le specie vegetali. Alterazioni a cui corrisponde una già significativa variazione della distribuzione delle specie, con un aumento della pesca nei mari italiani di quelle che prediligono temperature elevate sempre più diffuse nel nord dei mari italiani. Le variazioni del livello del mare costituiscono, inoltre, fonte di preoccupazione per le conseguenze sulle coste: gli incrementi seppur dell’ordine di pochi millimetri l’anno sono comunque continui e appaiono ad oggi irreversibili.
“I segnali che emergono sembrano già delineare per l’Italia fattori di criticità sia per le risorse naturali che per i settori socio-economici indagati” è l’amara sintesi conclusiva del Rapporto.
A noi cercare di invertire o quanto meno fermare questa drammatica deriva climatica. Ognuno di noi, nessuno escluso, è chiamato a fare la propria parte e a farla in fretta, prima che la lenta, inesorabile quanto drammatica crisi climatica renda questo pianeta invivibile, per noi e le generazioni a venire.
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