(Roma, 16 aprile 2021) – Sono passati 10 anni dal terremoto-tsunami che l’11 marzo colpì il Giappone innescando l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima. Fu, lo ricordavo commentando l’anniversario qualche mese fa, la catastrofe ambientale più grave dopo quella di Chernobyl del 1986: 18.500 morti causati dal sisma, l’esplosione di tre dei sei reattori nucleari, l’emissione di radioattività, tonnellate di acqua pompata per raffreddare il combustibile, le conseguenze per la salute, la devastazione dell’ambiente.

Oggi, a distanza di pochi mesi, torniamo sul “luogo del delitto ambientale”, per scongiurarne un altro. E’, di questi giorni, infatti, la decisione presa del governo Giapponese di scaricare in mare tutte le tonnellate di acqua contaminata provenienti dalla centrale nucleare, temporaneamente accumulate in enormi serbatoi posti intorno al cantiere di bonifica della centrale e che ben presto, nel 2022, si stima saranno ormai tutti pieni. Stiamo parlando di oltre 1 milione e 300mila tonnellate di acqua contaminata che, a partire dal 2023 e per i prossimi 20, 30 anni, verrà riversato nell’Oceano Pacifico.

I ministri di Tokyo sostengono che “è l’unica possibilità realistica ed è urgente”, perché non c’è più spazio per costruire e gestire altre cisterne. Una scelta e un’argomentazione che inevitabilmente preoccupa e impensierisce non poco, al pari della rassicurazione che comunque il liquido “sporco” verrà rilasciato nell’oceano, in quantità contingentate, dopo averlo diluito con “acqua pulita”, cercando di separare i radionuclidi, responsabili delle radiazioni nocive.

Sono passati dieci anni e per tutto questo tempo il Giappone ha continuato a raffreddare la centrale con acqua, procedendo a riempire i serbatoi di scarico liquido radioattivo, trattato sì, ma pur sempre contaminato dal trizio, sostanza molto difficile da separare (così concordano tutti gli scienziati), che manifesta tempi di decadimento molto lunghi.

Sebbene le autorità giapponesi garantiscono uno sversamento controllato, la decisione del rilascio di sostanze contaminate in mare è di quelle che fanno ambientalmente male e che ci devono far riflettere: ha ancora senso puntare, oggi, su tecnologie come quelle della fissione nucleare dell’uranio utilizzate dalle centrali nucleari, vedi appunto quella di Fukushima, che in caso di incidente provocano conseguenze così devastanti per la salute, l’ambiente, il futuro delle nuove generazioni e che lasciano aperto per anni e anni e ancora anni il problema di come e dove smaltire le scorie radioattive?

Continuiamo a proclamare di volere un pianeta sostenibile, ma alla prova dei fatti, alcune scelte e decisioni di sostenibile non hanno proprio nulla.

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FUKUSHIMA: “Il Giappone decide di riversare l’acqua contaminata della centrale nucleare nell’Oceano Pacifico”