(Roma, 14 ottobre 2020) – Questa mattina sono intervenuta alla Camera sulle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Mnistiri in vista della riunione del Consiglio europeo che si terrà domani, giovedì 15 e venerdì 16 ottobre 2020; un Consiglio che segna un passaggio decisivo per le sfide che il continente europeo ha davanti a sé.
Sappiamo che sono diversi i temi che verranno discussi – la relazione tra l’UE e il Regno Unito, le relazioni tra UE e continente africano e altri rilevanti questioni di politica estera – ma non sfugge a nessuno che la priorità assoluta della questione legata alla risposta all’epidemia Covid-19, che deve vedere le Istituzioni comunitarie e gli Stati membri uniti e determinati nel gestire in modo coordinato il nuovo preoccupante aumento dei contagi, il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali utilizzando tutte le opportunità e le risorse finalizzate a questo obiettivo, lo sviluppo e la distribuzione del vaccino universale per garantire a tutte le cittadine e i cittadini europei di poter proteggere la propria salute, il sostegno all’occupazione e alle imprese duramente colpite dagli effetti economici e sociali della crisi pandemica.
“Questo è il momento per l’Europa” ha affermato alcune settimane fa la Presidente Ursula von der Leyen nel suo Discorso sullo stato dell’Unione delineando i piani della Commissione per i prossimi dodici mesi. Non sarebbe stato possibile usare quelle parole senza il contributo determinante che l’Italia ha messo in campo in questi mesi, con l’azione del nostro Governo e dei nostri rappresentanti in Europa, per affrontare l’emergenza sanitaria e porre le basi per una nuova stagione di crescita sostenibile, equa e inclusiva.
Il programma NextGenerationEU è la cifra di un cambiamento radicale dell’Unione, che ha saputo superare la paura e la divisione tra gli Stati membri per reagire su basi nuove e solidali alla più grande prova della nostra storia. E anche del fallimento dei sovranisti che scommettevano e continuano a scommettere sull’isolamento dell’Italia e sulla sconfitta del progetto europeo. Per questo parlate d’altro. Rassegnatevi non è così. Dobbiamo essere consapevoli della portata della sfida – che è enorme e dal risultato tutt’altro che scontato – ma anche della chiarezza degli obiettivi e della potenza degli strumenti messi in campo.
Ieri il Governo italiano ha ricevuto un mandato molto forte dal Parlamento sulle priorità per la predisposizione del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR) , non una vittoria dell’Esecutivo o della maggioranza come ha ben sottolineato il Ministro Amendola, ma un elemento di forza su cui il nostro Paese potrà contare e che siamo certi saprà far pesare nel confronto con le istituzioni europee e con gli altri Stati, per condurre in porto la complessa tratativa in corso e per impiegare in modo efficace le importanti risorse mobilitate dai programmi europei.
L’opportunità data dal PNRR ci mette di fronte ad una responsabilità che non possiamo fallire; non si tratta soltanto di affrontare i problemi generati dall’emergenza sanitaria ma di aggredire debolezze e colmare divari strutturali con i quali facciamo i conti da anni. Non quindi un’azione di “restaurazione” per ripartire da dove eravamo, ma una radicale modernizzazione del nostro sistema economico e sociale. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per la mobilità; istruzione, formazione, ricerca e cultura; equità sociale, di genere e territoriale; salute sono le missioni da perseguire per affrontare le sfide identificate dal Piano.
Costruire una nuova fase di crescita che sia equa e sostenibile significa riorientare tutte le nostre scelte economiche, da quelle industriali, energetiche, di consumo, coniugando la sfida ambientale con quella sociale, per evitare che i costi della transizione pesino sulle fasce più fragili e che il rilancio passi da politiche dannose per l’ambiente. Non si tratta solo di “riparare e recuperare” per il qui e ora, ma di plasmare un modo migliore di vivere per il mondo di domani.
Non a caso nell’agenda del Consiglio europeo dei prossimi giorni un peso preponderante l’avrà la questione legata ai cambiamenti climatici e all’importante progresso che l’Europa sta compiendo in questa direzione. I cambiamenti climatici e il degrado ambientale sono una minaccia enorme per l’Europa e il mondo, la crisi climatica non si è arrestata per effetto della pandemia. Gli squilibri economici, le disuguaglianze sociali e territoriali, i conflitti e gli effetti drammatici che il cambiamento climatico già in atto determina sulla sicurezza e la qualità della vita dei cittadini europei sono un’emergenza da affrontare con la stessa determinazione che stiamo impiegando nel contrastare la crisi sanitaria.
Ci basta guardare alle tragiche vicende che hanno colpito i territori del Piemonte e della Liguria solo qualche giorno fa per rendercene conto. Ho ascoltato con un certo stupore le dichiarazioni di alcuni colleghi delle opposizioni contro un impegno deciso sul clima, dagli stessi banchi da cui solo qualche giorno fa si alzavano critiche feroci e appelli sulla necessità di fronteggiare i cambiamenti climatici. Dovremmo ricordare, tutti noi, con un po’ più di coerenza che esattamente di questo stiamo parlando quando affermiamo con forza la necessità di un impegno non più rinviabile, a tutti i livelli, su questo fronte.
Fin dal momento della sua elezione alla guida della Commissione Europea, la Presidente Ursula von der Leyen ha caratterizzato il suo mandato per una decisa attenzione alla lotta contro i cambiamenti climatici: il primo punto delle linee guida dell’azione politica della Commissione da lei guidata è stato quello di avviare un ambizioso “Green Deal europeo” per fare dell’Europa il primo continente a neutralità climatica al 2050. Ciò significa dare impulso all’economia grazie alle tecnologie verdi, sviluppare industrie e trasporti sostenibili, promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia circolare e pulita, ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento. Significa garantire sostegno mirato alle regioni e ai settori nella direzione di una transizione giusta, perché nessuna persona e nessun territorio sia lasciato indietro.
In questo quadro si inserisce la proposta di marzo della Commissione della prima Legge europea sul clima per trasformare questo impegno politico in un obbligo giuridico, rendendo questo impegno vincolante per gli Stati membri.
A settembre la Commissione europea ha reso esplicita la proposta di innalzare l’obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 come prima tappa verso l’obiettivo della neutralità climatica al 2050;
la scorsa settimana il Parlamento europeo, con il voto del gruppo dei Socialisti e Democratici, ha approvato la propria posizione negoziale con cui si richiede un ulteriore innalzamento del target di riduzione del 60% delle emissioni rispetto al 1990, ha chiesto che ogni iniziativa della Commissione europea sia in linea con gli obiettivi climatici dell’Unione e che venga istituito un Consiglio europeo per i cambiamenti climatici – ossia un organismo scientifico indipendente che valuti i progressi in tale direzione – oltre a confermare la richiesta di eliminare gradualmente le sovvenzioni ai combustibili fossili entro il 31 dicembre 2025.
Sappiamo che la discussione su questo punto è ancora aperta e che il prossimo Consiglio europeo svolgerà un dibattito che è ancora di orientamento, non decisivo. E tuttavia abbiamo apprezzato e condiviso le parole chiare rispetto alla volontà del nostro Governo di sostenere, in quella sede, la necessità di una strategia ambiziosa, per ribadire e rafforzare il ruolo di guida che l’Europa è chiamata a svolgere nella lotta mondiale ai cambiamenti climatici.
Non sfugge quanto una leadership europea su questi temi sia decisiva per non compromettere la possibilità di realizzare gli impegni fissati dagli Accordi di Parigi a distanza di 5 anni dalla loro sottoscrizione e per attuare gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Decidere di perseguire con decisione questa strada non è soltanto una questione etica e di responsabilità verso le generazioni future; significa predisporre il nostro Paese e il nostro sistema economico per utilizzare al meglio tutte le opportunità offerte dalla nuova stagione di programmazione delle risorse europee. Il 40% dei finanziamenti del NextGenerationEU sarà investito negli obiettivi della transizione ecologica e il 30 % dei 750 miliardi di euro dei fondi del programma deriverà da obbligazioni verdi, il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 i cui negoziati sono ancora in corso prevede di destinare almeno il 30% della spesa complessiva all’azione per il clima. Il Fondo per la Transizione Giusta per accompagnare i territori e i settori più arretrati, la strategia Farm to Fork per rendere sostenibile il sistema alimentare, la discussione sulla nuova Politica agricola comunitaria ci confermano come la sostenibilità sarà un tratto caratterizzante di tutte le politiche economiche europee. Per questo le chiediamo di dedicare la massima attenzione al ruolo che il nostro Paese avrà nello scenario internazionale su questi temi già nei prossimi mesi: la copresidenza della COP26 nel 2021 e la presidenza italiana del G20 che come ci ha ricordato avrà al centro della propria agenda una nuova stagione di prosperità che si fonda proprio sulla cura delle persone e del pianeta.
La sfida dei cambiamenti climatici è strettamente connessa alla qualità e alla sicurezza della vita dei cittadini italiani e europei, alla possibilità di costruire un mondo più forte e più equo in cui costruire il nostro futuro: trasformando con radicalità la nostra economia, la nostra società.
Quella che il Presidente del Consiglio, si appresta ad affrontare in Europa, non è quindi una delle questioni, ma è la questione, intorno quale si potranno aggregare le migliori energie del nostro Paese ma anche il consenso dei cittadini; che sempre più comprendono come una proposta di superamento degli egoismi in direzione della tutela dell’ambiente sia la chiave risolutiva di molti dei problemi quotidiani e della sensazione di mancanza di prospettive e di angoscia per il futuro.
Noi questo futuro lo possiamo cambiare, se sapremo cogliere ognuna delle occasioni che ci si offrono.
Al Presidente Conte il compito, che sappiamo svolgerà con competenza ed efficacia, di portare in Europa una posizione italiana consapevole e decisa, come in questo travagliato periodo ha già fatto in molte circostanze. A cui si aggiunge un altro impegno, strettamente connesso ai risultati che confidiamo verranno ottenuti, e cioè quello di rendere coeso il Governo intorno agli obiettivi ambientali, intesi non come proclami generici ma come concrete e utili opportunità di azione; un Governo che metta in campo reali competenze e conoscenze, indispensabili a immaginare e realizzare il nostro futuro prossimo.
E anche di questa necessità sappiamo che, con il nostro sostegno, il nostro Governo saprà farsi interprete, continuando a rafforzare la credibilità e il protagonismo dell’Italia in Europa.