(Roma, 13 novembre 2019) – Ieri alla Camera dei Deputati nella Sala della Regina si è tenuto il convegno “Rivoluzione Plastica. Da Natta alla bioplastica passando per il riclico chimico”. Un evento promosso da BASF e Globe Italia, con il patrocinio dell’ISPRA, legato alla mostra del National Geographic “Planet or Plastic?“, ospitata per un mese e fino a domani, 14 novembre, a Palazzo Valdina a Roma. Un confronto molto utile e interessante che ha voluto fare il punto su un tema, come quello della plastica e degli imballaggi di grande attualità.
Come ho avuto modo di sottolineare nelle conclusioni dell’incontro anche la plastic tax va letta in un quadro più ampio di misure sull’economia circolare già contenute nella legge di Bilancio. Voci autorevoli del Governo hanno affermato la volontà di intervenire per rendere più sostenibile questa misura per le imprese del settore e anche la maggioranza lavorerà in Parlamento per migliorare la norma. Ma non è utile banalizzare il tema o estremizzare le posizioni: sono convinta della bontà di una misura fiscale di questa natura che ha di base una importante finalità ambientale, non fosse altro quella di ridurre la produzione di imballaggi. Già oggi una parte delle risorse che entreranno nel bilancio dello Stato concorrono a sostenere gli incentivi per impresa 4.0 destinati all’economia circolare e alla transizione ecologica della nostra industria.
Per riuscire a ridurre i rifiuti e completare il ciclo dell’economia circolare per quanto riguarda la plastica, bisogna ‘spingere‘ sul riciclo chimico che permette di riportare gli oggetti quasi allo stato di materia prima che può essere riutilizzata.
“Al di fuori dell’Europa – ribadisce Alessandro Bratti, direttore generale dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, introducendo il dibattito con la ricerca sul marine litter (ovvero sui rifiuti che sono stati dispersi in mare e lungo le coste volontariamente o involontariamente, nel senso che sono stati dispersi altrove ma sono arrivati al mare) condotta dall’Istituto – il consumo di plastica pro capite sta aumentando rapidamente, soprattutto in Asia. Le catene del valore della plastica hanno assunto dimensioni intercontinentali, così come lo scambio dei rifiuti di plastica. Nell’Unione Europea circa la metà dei rifiuti di plastica raccolti è inviata all’estero, dove permangono incertezze circa il loro trattamento. Dalle analisi effettuate su 150 esemplari di tartarughe spiaggiate è emerso che il 68% presentava plastica ingerita. E’ quindi necessario individuare le misure da intraprendere a diversi livelli (UE, Stati membri e autorità regionali, industria) al fine di trasformare le sfide globali nel settore della plastica in opportunità”.
In Italia, al momento – ha spiegato sempre Bratti -, il 23% della plastica finisce in discarica, il 42% al riciclo mentre il resto viene usato per produrre energia. Questo fa sì che nel 2016 in Italia siano state gettate oltre un milione di tonnellate di questo materiale. L’obiettivo di ‘zero discarica‘ entro il 2030 potrebbe essere raggiunto se il 17,5% di questo materiale venisse riciclato in maniera chimica una volta raggiunto il fine vita. L’ipotesi aggiuntiva del riciclo chimico potrà ridurre sensibilmente il recupero termico e complementare il riciclo meccanico per il raggiungimento degli obiettivi comunitari”.
La tecnologia, ha spiegato Massimo Covezzi, presidente della sezione italiana di PlasticsEurope, l’associazione europea dei produttori di materie plastiche, già esiste. “Ce ne sono diversi tipi, in altri Paesi già si usano ma ci sono aziende importanti che lavorano per migliorare queste tecnologie anche in Italia. La possibilità c’è, dobbiamo prendere le decisioni e trovare le risorse per farlo”.
Alcuni esempi pilota, ha raccontato Filippo Di Quattro, direttore manifacturing community di BASF Italia, sono già esistenti, e sono stati prodotti, ad esempio, flaconi di detergenti e componenti di auto con plastica riciclata in questo modo. “Il recupero chimico può partire da una materia sporca, non serve separare o lavare i rifiuti le catene di polimeri vengono scisse per ottenere dei monomeri sotto forma di un olio che può essere riutilizzato nella produzione e far ritornare il materiale nel ciclo produttivo”. Un processo che viene ulteriormente precisato dall’intervento dell’Ad di BASF Italia: “Sono molti anni che la nostra impresa è impegnata concretamente per la sostenibilità e siamo stati tra i primi ad avere creato i polimeri biodegradabili, ma siamo ben consapevoli che l’utilizzo responsabile della plastica è fondamentale per risolvere il problema dei rifiuti in tutto il mondo e questo vale per le aziende, per le istituzioni e per i consumatori. Grazie al processo ChemCycling, lanciato nel 2018, vogliamo dare il nostro contributo più significativo alla riduzione dei rifiuti in plastica tramite il riciclo chimico con cui siamo in grado di riportare tutta la plastica – anche quella mista e non riciclabile in altro modo – in olio di pirolisi, una materia prima che può essere utilizzata al pari del petrolio come risorsa per realizzare nuovi prodotti. Oggi in Italia la plastic tax è al centro di un intenso dibattito, ma allo stato attuale le normative – così come sono scritte – non permettono di raggiungere una vera e propria economia circolare. Come BASF, vorremmo avanzare una proposta che consentirebbe alle aziende di continuare a innovare e investire, ovvero esentare dall’imposta i prodotti provenienti da riciclo chimico o meccanico per almeno una percentuale del loro contenuto”.
E a proposito di plastic tax al convegno è intervenuto il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut che ha confermato di stare lavorando per “rimodularla, sia per quanto riguarda il tasso di incidenza, che per il perimetro di incidenza. L’imposta colpisce i materiali ‘mono uso’, gli ‘usa e getta‘, ed esclude già le plastiche compostabili e alcuni settori come la sanità. Stiamo discutendo con tutti, comprese le imprese che si occupano di imballaggi, si può fare meglio tutti, si può lavorare per aumentare investimenti per la sostenibilità, e chi farà questo non potrà certo essere punito”. La plastic tax è presente in tutta Europa, si è deciso di applicarla in Italia per dare un segnale. Ma la misura andrà modulata, così come andranno accentuati gli aspetti che ne definiscono l’obiettivo principale per non incidere sui comportamenti virtuosi ma su quelli negativi”.
Anche il portavoce Asvis, Enrico Giovannini, sul tema aggiunge: “Il futuro è incerto, per questo vogliamo tornare al passato. Ma non è la strada che va percorsa. Abbiamo bisogno di un cambiamento profondo, che richiede tempo, ma anche investimenti che non si stanno facendo, incentivi per stimolare il settore privato ad andare nella giusta direzione. Manca una visione integrata: la mentalità deve cambiare, servono tecnologia e governance. Inserire lo sviluppo sostenibile nella Costituzione sarebbe il primo passo, ma da quello devono discendere atti concreti. Infine credo che la plastic tax possa essere inserita in un piano di riconversione profonda del nostro sistema produttivo ma che deve indicare un percorso, non può essere realizzata in pochi mesi da tutti. D’altra parte il sistema fiscale nel suo complesso va ripensato nell’ottica dell’economia circolare e dello sviluppo sostenibile quindi è opportuno che Governo e Parlamento insieme alle parti sociali e alle imprese si siedano e immaginino un futuro di incentivi e disincentivi che ci spinga verso la direzione voluta”.
“Se ridurre e riciclare – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – deve essere la priorità, sia per prevenire nuovi apporti di rifiuti in mare che per rendere più gestibile il problema dei rifiuti a terra, oggi è possibile anche approfittare del lavoro quotidiano dei pescatori per rimuovere parte di rifiuti che sono già dispersi nell’ambiente marino, specialmente sui fondali, il 70% dei rifiuti che entrano nell’ecosistema marino affondano. Per farlo però è necessario mettere i pescatori nelle condizioni di riportare a terra i rifiuti che pescano accidentalmente, agevolando il conferimento e soprattutto evitando di sanzionarli per un’attività che oggi, con il DL Salvamare, approvato alla Camera ma ancora in discussione al Senato, in Italia non è possibile”.
E’ chiaro dunque che la plastica e i comportamenti scorretti ad essa associati, come il mancato conferimento di questo materiale al riciclo, l’inquinamento dei fiumi o la perdita dei carichi nelle grandi navi da trasporto sono in realtà problemi globali. Ma c’è una speranza perchè l’Italia è, nel campo delle bio-plastiche e del riciclo chimico, un Paese all’avanguardia. Occorre perciò trovare una linea mediana che aiuti l’industria ad innovarsi, il cittadino a riciclare: un incrocio virtuoso che vada verso una vera economia circolare.
In Parlamento lavoreremo insieme al Governo per rendere la plastic tax più sostenibile anche per il settore. Del resto la leva fiscale sia uno strumento fondamentale per stimolare e accompagnare la trasformazione in chiave ecologica dei nostri settori produttivi”.