Foto Askanews

(Roma, 25 settembre 2018) Lo scorso 20 settembre si è tenuta a Vienna la quinta Conferenza europea sull’Acqua – lo strumento giuridico più importante per proteggere fiumi, laghi e zone umide d’Europa -, organizzata congiuntamente dalla direzione generale dell’Ambiente della Commissione europea e dall’Austria, Stato che attualmente detiene la presidenza del Consiglio dell’UE.

Nella capitale austriaca i più importanti decision makers (oltre 400 delegati) si sono riuniti per fare il punto sui progressi degli Stati Membri nella gestione sostenibile delle risorse idriche e nell’attuazione della legislazione UE sulle acque, in vigore dal 2000. La Conferenza è stata anche l’occasione per una valutazione dell’attuale normativa, un “controllo di idoneità” per essere in grado di affrontare le sfide idriche attuali e future, quali l’inquinamento da microplastiche o prodotti farmaceutici e gli impatti dei cambiamenti climatici.

Il dato da cui partire rivela la criticità del momento: “Con appena il 40% delle acque europee attualmente in salute, gli Stati Membri devono intensificare seriamente il loro impegno per raggiungere l’obiettivo al 2027: garantire per tutte le acque europee buone condizioni ecologiche della risorsa idrica e prevenirne il deterioramento”. Come? Attraverso Piani di gestione efficaci a livello di bacino, maggiori investimenti e minor uso delle deroghe.

Il quadro della situazione idrica emerso dalla Conferenza è quindi critico. Se da un lato buoni progressi sono stati compiuti in tutta Europa nel miglioramento della qualità dell’acqua, la gestione è diventata più integrata, sono disponibili molte più conoscenze, e anche la gestione dei rischi per prevenire le alluvioni è progredita, dall’altro permangono problemi strutturali, tra cui l’inquinamento derivante dall’agricoltura, un trattamento delle acque reflue non sufficiente, il danneggiamento fisico di fiumi e laghi, l’eccessiva estrazione delle acque.

Nel complesso, dunque, in un momento cruciale per lo sviluppo della politica europea in materia di acque, occorre fare molto di più per raggiungere gli obiettivi della Direttiva Quadro sulle Acque e di quella sulle Alluvioni. Un risultato evidenziato anche dalla relazione sullo stato delle acque in Europa pubblicata recentemente dall’Agenzia europea dell’Ambiente, che mostra come la qualità dell’acqua europea sta sì migliorando, ma troppo lentamente.

Un esito rilevato anche dalle maggiori associazioni ambientaliste come, ad esempio, il WWF che considera l’attuale legislazione in materia di acque “ambiziosa ed efficace” anche se si riscontrano tentativi per allentarla. “Un indebolimento della normativa comunitaria sarebbe una dichiarazione di bancarotta della politica ambientale europea – dichiara Martina Mlinaric, Senior Policy Officer presso l’European Policy Office del WWf – che ammonisce: “Avendo mancato l’obiettivo originario di portare tutte le acque europee in buona salute entro il 2015, gli Stati Membri ora percepiscono la pressione ma, invece di raddoppiare i loro sforzi, molti governi stanno cercando una via d’uscita dagli impegni assunti”.

Sulla Direttiva Acque la Commissione europea ha inoltre avviato una consultazione pubblica, coinvolgendo cittadini e stakeholders europei. Fino al 19 ottobre è possibile accedere al portale per la consultazione.

E l’Italia? In un momento come questo, cruciale per lo sviluppo della politica europea in materia di acque, il nostro Paese dovrebbe innanzitutto riconfermare l’obiettivo del raggiungimento entro il 2027 del buono stato ecologico delle acque, ma anche e soprattutto intervenire per colmare i pesanti ritardi sulla mancata depurazione delle acque reflue e sulla governance dei bacini idrografici, che hanno portato rispettivamente all’apertura di una procedura d’infrazione e a diverse istruttorie da parte della Commissione europea. La speranza è che l’attuale Governo provveda concretamente.

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ACQUA, SOLO IL 40% DELLE ACQUE EUROPEE E’ IN SALUTE