Martedì 12 aprile la Camera, con 361 sì, 7 no, 2 astenuti e le opposizioni che non hanno votato uscendo dall’Aula dopo le dichiarazioni di voto, ha approvato la riforma del bicameralismo e del Titolo V della Costituzione. Si è chiuso così il percorso parlamentare della riforma costituzionale, avviato il 15 aprile 2014. Ora il testo passa al giudizio dei cittadini per l’approvazione definitiva con il referendum, previsto per il prossimo mese di ottobre. Il provvedimento infatti, secondo quanto previsto dall’articolo 138 della costituzione, non avendo ottenuto la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, può essere sottoposto a referendum popolare: devono farne domanda 1/5 dei membri di una Camera o 500 mila elettori o 5 consigli regionali.
La riforma archivia dopo 70 anni il bicameralismo paritario: solo la Camera voterà la fiducia al Governo e sarà protagonista del sistema legislativo. I deputati restano 630 e verranno eletti a suffragio universale, come oggi. Stop al bicameralismo perfetto, un Senato con meno poteri legislativi e composto da 95 senatori eletti dai Consigli regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), piu’ 5 nominati dal Capo dello Statoma con legittimazione popolare che potrà proporre modifiche alle leggi approvate dalla Camera, nuovo Federalismo, con abolizione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni e alcune competenze strategiche riportate in capo allo Stato. Abolizione definitiva delle Province e del Cnel. Sono questi in sintesi i pilastri contenuti nella riforma costituzionale Renzi-Boschi approvata definitivamente alla Camera dopo 174 sedute in Parlamento per un totale di sei sedute. Un momento importante per la politica italiana che dimostra di essere seria e di aver segnato un passo in avanti per la credibilità delle Istituzioni dell’Italia.
Qui sotto in allegato i dettagli del Ddl di riforma approvato