(Roma, 09 luglio 2018) Un’Italia divisa in due sia per quanto riguarda i livelli di apprendimento degli studenti in italiano, matematica e inglese sia per l’equità del sistema scolastico italiano ovvero la capacità di garantire uguali opportunità a tutti e a ciascuno: cresce infatti il divario tra Nord e Sud del Paese.
E’ quanto emerge dal rapporto delle prove Invalsi 2018, presentato qualche giorno fa al Ministero dell’Istruzione, che ha coinvolto 29.337 classi di seconda elementare (primaria di grado 2) per un totale di 551.108 alunni; 29.520 classi di quinta elementare (primaria grado 5) per un totale di 562.635 alunni; 29.032 classi di terza media (secondaria di primo grado 8) per un totale di 574.506 alunni; 26.361 classi di seconda superiore (secondaria di secondo grado 10) per un totale di 543.296 alunni.
Tra le novità, una di contenuto con la prova di inglese e una di metodo, lo svolgimento del test on-line. Tutti gli studenti di ogni grado scolare hanno sostenuto una prova di Italiano e una di Matematica. Gli studenti di quinta elementare e di terza media, per la prima volta nel 2018, hanno dovuto misurarsi anche con la prova di Inglese. Inoltre, lo svolgimento delle prove per le classi di terza media e per le seconde delle scuole superiori è avvenuta tramite computer (CBT) e on line per tutti gli studenti delle scuole italiane.
Nel documento si legge come “Nel corso dell’itinerario scolastico, dalla seconda classe della scuola primaria alla seconda superiore, i risultati nelle prove di Italiano e Matematica delle cinque macro-aree in cui è stato suddiviso il territorio italiano (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud, Sud e Isole) si allontanano progressivamente“. Nella scuola elementare le differenze “sono piccole e in generale non significative statisticamente”. In terza media, invece, i risultati medi delle macro-aree “tendono a divergere significativamente tra loro, tendenza che si consolida ulteriormente nella scuola superiore, riproducendo il quadro che emerge anche dall’indagine internazionale Pisa (Programme for International Student Assessment), dove il Nord ottiene risultati superiori sia alla media italiana che alla media Ocse, il centro ha un risultato in linea con la media dell’Italia, più bassa della media Ocse, e il sud e le isole hanno risultati inferiori sia alla media italiana che alla media Ocse”.
Dentro a questo quadro nazionale i risultati del rapporto emergono differenze territoriali e di equità; questioni purtroppo note da tempo.
A livello nazionale gli studenti che ottengono risultati adeguati o più elevati sono il 65,6% in Italiano, 59,9% in Matematica, Inglese-reading (A2) 73,9%, Inglese-listening (A2) 56,1%. Le differenze regionali diventano molto importanti e alcune regioni del Mezzogiorno (in particolare Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna) vedono oltre il 50% della popolazione scolastica delle medie, con punte anche del 60-65%, al di sotto dei traguardi stabiliti dalle indicazioni nazionali. I livelli medi di risultato al termine della seconda elementare sono pressoché uguali in tutto il Paese, ma per alcune regioni del Mezzogiorno si osserva una maggiore frequenza di allievi con risultati molto bassi.
Il sistema scolastico nell’Italia meridionale e insulare – si legge sempre nel rapporto – non solo è meno efficace in termini di risultati conseguiti molto più bassi rispetto all’Italia Centrale e soprattutto Settentrionale, ma anche meno equo ovvero meno capace di assicurare agli alunni le stesse opportunità educative. Già a partire dal secondo anno delle elementari nel Mezzogiorno la scuola fatica maggiormente a garantire pari opportunità. “La variabilità dei risultati (ovvero lo scostamento di questi dalla media) tra scuole e tra classi nel primo ciclo d’istruzione è consistente e in ogni caso più alta che al Nord e al Centro, così come sono più alte le percentuali di alunni con status socio-economico basso che non raggiungono livelli adeguati nelle prove. In particolare, sono preoccupanti gli esiti di alcune regioni: Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna” dove più della metà degli studenti sono ad un livello inferiori a quello richiesto dalle indicazioni nazionali. Questo significa che non solo i risultati nelle prove sono al Sud e nelle Isole complessivamente più bassi, ma anche che essi differiscono maggiormente da una scuola all’altra e da una classe all’altra rispetto a quanto accade nel resto dell’Italia.
Anche da questo rapporto emerge come il tema della povertà educativa minorile si uno dei problemi più gravi del nostro Paese. Non si tratta solo di una “odiosa diseguaglianza”, ma di qualcosa di più, qualcosa che può creare una pericolosissima frattura nel corpo sociale del nostro Paese in grado di condizionare negativamente il domani di tutti noi. Limitare e privare i bambini o gli adolescenti della possibilità di apprendere, di scoprire e coltivare le proprie capacità condiziona negativamente non solo il futuro dei singoli, ma anche le prospettive complessive di sviluppo e di crescita dell’intera Italia.
Il capitale umano diventa allora un fattore strategico su cui puntare e investire. Non solo per preparare gli studenti al mondo del lavoro ma in primis per educare, per formare la futura coscienza sociale dell’Italia, per fornire loro elementi su cui imparare a ragionare, a giudicare cosa sia giusto o meno, per affrontare il mondo in continuo cambiamento con nozioni nuove e innovative che poggiano su basi solide.