(Roma, 17 gennaio 2025) – Finalmente è stato raggiunto un accordo per il Medio Oriente. Un accordo tra Hamas e Israele che attendiamo da oltre un anno, da quando abbiamo cominciato a chiedere insistentemente insieme a tante e tanti altri un cessate il fuoco immediato.
Non sappiamo se questa intesa raggiunta durerà e se darà frutti. ll cessate il fuoco di questa prima fase sarà lungo in tutto 42 giorni dopo i quali dovrebbero susseguirsi altre due fasi sull’esito delle quali regna molta incertezza. Hamas ha fatto sapere che, dopo il rilascio programmato dei 33 ostaggi, libererà quelli che restano soltanto se e quando finirà il conflitto. Dall’altra parte il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è detto disposto a scarcerare centinaia (forse migliaia) di detenuti palestinesi promettendo però che comunque la sua campagna anti-Hamas andrà avanti. Come a dire che l’eventuale accordo non coinciderà con la fine della guerra.
Ma dopo 15 mesi di guerra e più di 45mila morti, questa tregua è una speranza da tenere stretta e alimentare in ogni modo per una soluzione di pace che garantisca la liberazione degli ostaggi, gli aiuti umanitari e la nascita di uno Stato palestinese.
Per questo come Partito democratico abbiamo subito chiesto che l’Europa e l’Italia mettano in campo ogni iniziativa possibile per favorire le decisioni prese in queste ore a Doha e si gettino le basi per una pace duratura per l’intera regione: dal cessate il fuoco permanente all’invio di aiuti umanitari, e soprattutto il rilancio del processo di pace, con la soluzione politica dei ”due popoli, due Stati‘.
È un percorso difficilissimo, gli ostacoli saranno molti. Dovremo tutti lavorare per rendere questa fragile tregua duratura e permanente; dovremo tutti impegnarci perché la comunità internazionale si faccia carico della ricostruzione della Striscia. Per questo abbiamo chiesto al ministro degli Affari esteri Tajani di riferire in Parlamento su quanto sta avvenendo, sui prossimi passi concreti da fare ma anche sulle sue gravi dichiarazioni rilasciate, volte ad assicurare garanzie di immunità a Netanyahu. Come a voler sottrarre l’Italia dagli obblighi della Corte Penale Internazionale che mesi fa ha spiccato proprio nei confronti dello stesso premier israeliano un mandato d’arresto internazionale.
“La pace” – come ha ribadito in Aula il collega Provenzano – “ha bisogno di politica e giustizia”.
Di giustizia perché è necessario ricostruire l’integrità e la credibilità del diritto internazionale, di un ordine basato su regole condivise che è finito sollo le macerie di Gaza. I crimini di guerra e contro l’umanità devono essere perseguiti e sanzionati. La Corte penale internazionale deve essere rispettata.
Di politica perché serve la politica per garantire l’unità della Striscia di Gaza e della Cisgiordania sotto l’Autorità palestinese, che deve essere accompagnata dalla comunità internazionale in questo sforzo. Serve politica per realizzare la soluzione dei “due popoli, due Stati”, che è l’unica via che può garantire il diritto degli israeliani e dei palestinesi a vivere in pace e in sicurezza. Serve politica e coraggio per riconoscere lo Stato di Palestina, per dire basta all’occupazione israeliana dei territori palestinesi, per attuare le risoluzioni delle Nazioni Unite, tutto quello che l’attuale leadership israeliana nega. È il tempo di riconoscere lo Stato di Palestina.
Abbiamo la responsabilità e il dovere di costruire, tutti indieme, questo progetto di pace.