(Roma, 3 giugno 2025) – A Montecitorio sono scesi in piazza dottorandi e ricercatori delle Università. Con maschere bianche e cartelloni recanti le sottoscrizioni di oltre 2mila docenti, assegnisti e ricercatori, hanno protestato mentre nelle stesse ore alla Camera dei Deputati veniva dato il via libera definitivo al decreto legge Pnrr scuola.
“La ricerca è lavoro: i rapporti di lavoro nella ricerca abbiano diritti e tutele“, recitava il loro manifesto. Nel mirino dei ricercatori, infatti, una norma, introdotta in Senato, che di fatto li precarizza trasformandoli in precari e precarie dell’Università.
Abbiamo protestato al loro fianco dopo essere intervenuti in Parlamento riuscendo anche nei mesi scorsi a bloccare il Ddl della ministra Bernini. Ieri però la destra al Governo ha reintrodotto, con un emendamento in Senato, il precariato nelle Università.
Tagliano fondi agli atenei e cercano di racimolare risorse che non ci sono, intervenendo anche sulla dignità dei lavoratori e delle lavoratrici che si occupano di ricerca, questo è quello che è avvenuto.
Eppure nel 2022, come ha ricordato la responsabile Scuola del Pd, Irene Manzi -, una maggioranza amplissima fatta anche da Forza Italia e Lega, aveva introdotto il contratto di ricerca, uno strumento regolativo che dava maggiori garanzie a ricercatori e ricercatrici. Una norma di buon senso che purtroppo l’emendamento presentato in sordina l’altra notte, di fatto accantona: da un lato non si vogliono mettere le risorse per rendere operativi i contratti di ricerca, dall’altro, visto la carenza di fondi, il Governo li trova a scapito della qualità del lavoro di ricerca.
Una misura che come PD consideriamo inaccettabile. Continueremo, assieme ai lavoratori, alle forze sindacali, a ribadire la necessità di aprire un confronto con il Governo e soprattutto a rifiutarci di avallare queste azioni ‘pirata’ portate avanti con emendamenti che saltano il legittimo e giusto dibattito parlamentare.
In questo modo la destra non fa altro che creare le condizioni per cui decine di migliaia di giovani ogni anno abbandonano il nostro Paese.
