(Roma, 20 giugno 2024) – La notizia della morte di Satnam Singh, vittima di un incidente sul lavoro che gli aveva tranciato un braccio e abbandonato in strada ci ha colpito non poco. Ha ragione allora il capogruppo del Pd in Commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto, quando afferma che “Il bracciante indiano di 31 anni che a Latina ha perso la vita non è semplicemente un morto sul lavoro. È vittima di un vero e proprio omicidio. Scaraventare un essere umano per strada con un braccio amputato da un macchinario è un atto di bestiale. Di una violenza che ci riporta alla servitù della gleba. Occorre continuare a denunciare che il caporalato non è solo una pratica odiosa, ma il ganglio di una catena produttiva che usa questi strumenti per risparmiare sul lavoro”.
Oltre l’atrocità della morte, le parole sconsiderate del datore di lavoro che parla di ‘leggerezza’ da parte dello stesso operaio. Una storia terribile di lavoro in nero, sottopagato e sfruttato, su cui chiediamo chiarezza perchè si accertino responsabilità.
Una storia di disumanità che vorremmo fosse almeno attenuata con la richiesta che lo Stato si faccia carico di sostenere la giovane moglie, di non lasciarla sola come hanno fatto con il marito, lei giunta in Italia tre anni fa per un impiego in nero di 12 ore al giorno a 5euro l’ora.
LAVORO, CAPORALATO: “Satnam Singh ucciso dal caporalato. La sua morte atto disumano”