(Como, 15 agosto 2023) – Questa mattina di Ferragosto ho visitato la Casa circondariale del Bassone di Como. Ho voluto dedicare una parte di questa giornata alla visita di uno dei carceri più affollati della Regione Lombardia, dove i problemi di sovraffollamento e carenza di personale sono ormai strutturali e faticano a trovare una soluzione.
I dati dicono che una struttura dimensionata per una capienza di 240 detenuti oggi ne ospita quasi il doppio: 417 persone, 369 uomini e 48 donne. Dove le misure alternative alla pena detentiva riguardano solo 7 persone. Dove i detenuti, uomini e donne, con problemi dichiarati di tossicodipendenza sono 173. Dove la carenza di personale tocca tutti i profili, da quelli dei funzionari fino agli agenti e agli assistenti. Dove il numero di persone che operano nell’area educativa è strutturalmente sottodimensionato, così come quella del personale medico e sanitario, nonostante l’incidenza di situazioni di dipendenza, di fragilità psicologiche e di disagio psichico sia in costante aumento. Dove servirebbero investimenti per rendere gli spazi più vivibili e adeguati alle esigenze di socialità e di recupero dei detenuti a una condizioni di vita dignitosa e meno afflittiva.
Molti di questi problemi sono stati posti, non da oggi, all’attenzione dell’amministrazione centrale e nonostante le promesse recenti di viceministri e sottosegretari le soluzioni non sono arrivate. Alcune questioni che oggi ho potuto mettere meglio a fuoco saranno oggetto di iniziative nei prossimi giorni.
Oggi ho incontrato persone che lavorano in questa struttura con grande professionalità e con un’umanità che va oltre il solo compimento del proprio dovere, a partire dalla Comandante della Polizia Penitenziaria e dal Coordinatore Sanitario della Casa Circondariale di Como, ma anche gli agenti, molti giovani ragazzi e ragazze. Persone che condividono con i detenuti e le detenute le criticità di una struttura che lavora costantemente nell’emergenza, che è costretta a inseguire i problemi del giorno per giorno e che spesso si deve misurare con tensioni e difficoltà aggravate dalle condizioni di sovraffollamento e di carenza di mezzi e personale.
Molte delle persone detenute che ho incontrato oggi e con cui ho potuto scambiare poche parole avevano necessità e problemi, piccoli e grandi, da sottoporre a qualcuno che potesse aiutarli a dare un senso al tempo della reclusione. Come il detenuto che chiedeva di poter essere autorizzato a imbiancare la propria cella o come la giovane detenuta straniera che con un italiano quasi perfetto chiedeva un aggiornamento sulla possibilità di intraprendere dal carcere un percorso universitario.
Nel carcere di Como, così come in tutte le altre strutture sparse nel nostro Paese, c’è dolore, fatica, angoscia ma anche una vera e profonda umanità che meriterebbe più cura e attenzione nelle scelte che facciamo e nelle parole che anche in questi giorni abbiamo sentito pronunciare da chi, come il Ministro Nordio, ha la massima responsabilità di dare risposte a problemi e criticità.
Il Governo ha il dovere di affrontare la condizione difficile delle carceri italiane lasciando stare la propaganda e le mirabolanti promesse di nuove strutture detentive: servono più risorse per potenziare le misure alternative, per costruire con i territori percorsi di reinserimento, per mettere nelle condizioni chi opera in queste strutture di farlo in condizioni di sicurezza e con il giusto riconoscimento del valore del loro lavoro.