(Roma, 11 marzo 2021) – L’11 marzo di dieci anni il terremoto-tsunami che colpì il Giappone innescando l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima. 18.500 morti causati dal sisma, l’esplosione dei reattori, tonnellate e tonnellate di acqua usate per raffreddarli, acqua contaminata stoccata in cisterne stagne, l’emissione di radioattività, l’evacuazione forzata di più di 160 mila cittadini, il terrore per le conseguenze alla salute, dell’inquinamento ambientale; lo sgomento e la paura di una nuova Chernobyl.
“La memoria indimenticabile della tragedia persiste“, ha detto da Tokyo l’imperatore Nahurito commemorando oggi la tragedia.
Dieci anni dopo, più di 40.000 persone non sono ancora in grado di tornare a casa. Strade, linee ferroviarie, alloggi e miglia di dighe protettive sono state per lo più completate, ma ampie aree di terra rimangono vuote. Mentre l’operatore dell’impianto Tokyo Electric Power (Tepco) è riuscito a stabilizzare i reattori danneggiati alla fine del 2011, sono appena iniziati i lavori per individuare e rimuovere il combustibile nucleare fuso, un’operazione complessa di disattivazione che dovrebbe richiedere dai 30 ai 40 anni almeno. Il costo dello smantellamento dell’impianto è stimato dal governo in 167 miliardi di euro e la decontaminazione dei territori in 24 miliardi.
Fu una catastrofe ambientale, Fukushima, la più grave dopo quella di Chernobyl nel 1986, con conseguenze devastanti per l’uomo, l’ambiente e tutto l’ecosistema. Il dolore della terra, dell’uomo, dell’acqua.