(Como, 19 settembre 2019) – L’ultimo è Rosario Lo Bue, 57 anni, di Porlezza, sepolto dal crollo di un muro a Oggia di San Bartolomeo Val Cavargna. Prima di lui Gianluca Giovinazzo, operaio di 38 anni, schiacciato da un macchinario in una ditta di Rogoredo, frazione di Casatenovo, in provincia di Lecco. E prima ancora i fratelli Prem e Tarsem Singh, di 45 e 48 anni, titolari dell’azienda agricola, rilevata appena due anni fa, di Arena Po’, in provincia di Pavia, insieme ai due loro dipendenti, Arminder Singh e Majinder Singh di 29 e 28, tutti e quattro annegati, storditi dai miasmi, in una vasca per il compostaggio dei fertilizzanti. Sei morti in pochi giorni tra Como, Lecco e Pavia.
Tragedie lavorative e umane che si fanno freddamente numeri in un bilancio sempre più drammatico. I dati dell’Inail sugli infortuni in Lombardia, da gennaio a luglio del 2019, parlano di 88 denunce di infortunio sul lavoro, con esito mortale a cui purtroppo vanno sommati altri 9 morti del mese di agosto registrati dalle Ats lombarde e gli ultimi 6 del mese di settembre. Un totale di 103 morti sul lavoro da gennaio a settembre di quest’anno.
Numeri che fanno male e che devono servire a creare le condizioni per realizzare procedure e norme destinate a migliorare le condizioni di prevenzione dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Perché certi drammi non possono, e non devono più accadere né tanto meno ripetersi.
Numeri che impongono di rivolgere il massimo impegno alla diffusione della cultura della sicurezza negli ambienti di lavoro e alla formazione professionale, nonché alla creazione di un sistema di controlli più certo e adeguato. Perché la cultura della sicurezza non deve più essere considerata un costo ma un investimento.