(Roma, 19 dicembre 2018) Si è da poco conclusa la COP24, la Conferenza delle Parti sul Clima del 2018, il principale momento decisionale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC), che quest’anno si è tenuto  a Katowice in Polonia.

I 196 Governi che hanno partecipato al summit hanno faticato non poco a trovare un’intesa finale comune che ha riguardato un accordo sul regolamento, il cosiddetto “Rulebook” per l’attuazione degli impegni di Parigi 2015, ovvero l’obiettivo di contenere l’aumento medio della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi centigradi. Un regolamento che non riflette adeguatamente l’urgenza necessaria per affrontare il cambiamento climatico.

Un esito quindi insoddisfacente anche se occorre registrare comunque un passo in avanti seppur modesto, nell’attuazione dell’Accordo di Parigi. Tuttavia “il filo delle speranza non è stato tagliato” come spiega l’articolo pubblicato da Repubblica pochi giorni fa, compiendo una panoramica sui “buoni e cattivi” che hanno partecipato al tavolo per salvare il nostro pianeta dalle conseguenze allarmanti e nefaste dei cambiamenti climatici. Dall’impegno della Cina contro il surriscaldamento della terra e con la promessa verde che ora deve diventare realtà agli Stati Uniti di Trump che frenano sugli accordi  e quelli di un’America che lo sconfessa fino ad arrivare al giudizio severo sull’Europa accusata e al tempo stesso sollecitata dagli osservatori internazionali a svolgere un ruolo più forte e decisivo, soprattutto nel “dopo-Obama“, nell’affrontare l’emergenza ambientale.

Che sia questa la vera sfida delle prossime elezioni europee?

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COP24, clima e ambiente, una sfida per le prossime elezioni europee?
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