(Roma, 18 ottobre 2018) L’alcol rappresenta il primo fattore di rischio per la salute in Europa, dopo il fumo e l’ipertensione. Nei paesi dell’Unione, il consumo annuo pro capite è stimato a 9 litri. L’Italia supera nettamente la media mondiale di un consumatore di alcol su tre: il 60% degli italiani, infatti, consuma una o più dosi di alcol al giorno. I dati parlano di 8,6milioni di consumatori a rischio, 2,5milioni dei quali anziani e 1,5milioni adolescenti.
In Italia si contano 435mila morti in 10 anni, dal 2008 al 2017, per patologie alcol-correlate, incidenti stradali, incidenti sul lavoro, incidenti domestici e omicidi o suicidi legati allo stato di alterazione psicofisica. Di questi, 296mila e cinquecento sono uomini, 139mila donne”. 43,5mila morti all’anno. Si inizia a bere sempre prima. I minori acquistano alcolici nonostante la legge lo vieti.
Sono questi i dati “sconvolgenti” di un fenomeno “grave e profondo” come quello del consumo/abuso di alcol nel nostro Paese analizzato in profondità da Eurispes ed Enpam in un recente rapporto. Il fenomeno è stato attraverso diversi sondaggi, ciascuno dei quali contribuisce a disegnare un quadro completo e dettagliato di come sono cambiate e stanno cambiando le abitudini nel nostro Paese, di quanto si sia diffuso e radicato il consumo di alcol tra i giovani, di come si è modificata l’immagine del consumatore di alcol.
Il presidente dell’Enpam, Alberto Oliveti, spiega: “Attraverso i dati della rilevazione ci si rende conto della pericolosità di alcuni fenomeni sociali legati a una cultura dello sballo in via di costante diffusione. Tra questi, il fenomeno dell’ ‘abbuffata alcolica’ (binge drinking), tipico della popolazione giovanile tra gli 11 e i 17 anni. Così come la tendenza legata al primo contatto, sempre più precoce, dei giovani verso l’alcol. L’incidenza di certi comportamenti è sensibilmente influenzata dall’uso massivo delle nuove tecnologie e dai social network. Il medico di Medicina generale, che presidia società e territorio capillarmente, può e deve assumere il ruolo di playmaker”.
“I dati che emergono – dichiara il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – testimoniano una cresciuta consapevolezza, ma anche la necessità di un impegno costante sul piano della prevenzione e del sostegno alle famiglie interessate, così come su quello culturale, della comunicazione e dell’informazione”.
Si beve ovunque a qualunque ora, anche con pochi soldi, sempre più lontano dai pasti, e soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. A bere più “spesso” sono i giovani: tre su dieci nella fascia 18-24enni, il 23% tra i 25-34enni. Le differenze tra i due sessi sono sempre più sottili, anche se rimane più alto il numero delle donne astemie. Tuttavia, è la precocità del debutto alcolico, l’aspetto più preoccupante che emerge dalla ricerca. Il 15,8% ha bevuto il primo bicchiere tra gli 11 e i 13 anni, e tra i maschi la percentuale sale al 20,5%; un terzo della popolazione lo ha fatto tra i 14 e i 17 anni (33,5%), per due su dieci il “debutto” è avvenuto tra i 18 e i 20 anni (20,1%), il 12,4% ha iniziato a bere dopo i vent’anni. Ha assunto alcol prima dei 10 anni il 3,8% degli intervistati: in particolare al Nord-Ovest.
Negli ultimi anni, è cambiato profondamente il modo di bere: lo si fa sempre di più fuori dai pasti, in dosi massicce e in un tempo circoscritto. Quasi la metà del campione ammette di bere eccessivamente “ogni tanto” (47,7%), l’11,1% lo fa “spesso”, solo lo 0,7% “tutti i giorni”; mentre quattro intervistati su dieci dichiarano di non bere mai eccessivamente. Se confrontiamo questo risultato con i dati del 22esimo Rapporto Italia dell’Eurispes del 2010, emerge un preoccupante aumento del consumo eccessivo: allora, la quota di chi beveva “spesso” era dell’1,6%, la quota di chi eccedeva “qualche volta” si fermava al 33,7%. Ed è tra i giovani che la percentuale dei consumatori occasionali cresce ancora rispetto alla media, arrivando al 60% tra i 18-24enni e al 59,2% tra i 25-34enni.
Se si analizzano i motivi di chi oltrepassa il limite, si scopre che gli eccessi oggi si sposano, più frequentemente che in passato, con gli stati d’animo delle persone e con le loro difficoltà, anche relazionali.
In una classifica delle sostanze psicotrope capaci di alterare la regolare attività mentale, l’alcol è considerato all’ultimo posto dopo droghe sintetiche (38,5%), cocaina (25,1%), fumo (22,1%): solo il 14,3% ritiene, infatti, che l’alcol sia la sostanza più nociva per la salute.
Ad oltre un quinto del campione (21,4%) è capitato di essere stato fermato alla guida e sottoposto al controllo per alcol e droga: un percentuale in notevole aumento rispetto al 2010 quando si attestava al 9,2%. Interrogati sul tasso alcolemico consentito dalla legge per guidare i due terzi degli intervistati non sono in grado di stabilire la quantità di alcol che possono assumere senza compromettere la propria capacità di guida, segnando un passo indietro nella conoscenza rispetto al 2010.
La ricerca rivela che, per i più giovani, il consumo di alcolici è quasi sempre disgiunto dai pasti e dalla tavola: si tratta, quindi di un consumo non abituale ma sempre più legato a momenti di convivialità e divertimento. Sette ragazzi su dieci rispondono che le bevande alcoliche “piacciono” (71,1%), oltre un quinto sottolinea che “aiutano a divertirsi” (21,6%), il 4% confessa che servono a “dimenticare i problemi”, il 3,2% se la cava con un “lo fanno tutti”.
In Italia la vendita e la somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 18 anni sono vietate e la legge obbliga il venditore a chiedere un documento di identità al momento dell’acquisto. Eppure, le risposte dei ragazzi rispetto allo stato di applicazione della normativa, sono sconvolgenti. Se il 45,6% del campione non ha mai acquistato bevande alcoliche, il restante 54,4% invece lo ha fatto. Di questi, oltre un quinto dichiara che non gli è “mai” stato chiesto il documento di identità (21,7%), al 16,4% gli è stato chiesto “raramente”, ad uno su 10 gli è stato chiesto “qualche volta” e solo al 5,9% “spesso”. In particolare, il 30,8% degli 11-14enni ha acquistato alcol e ad un quinto di questi non è mai stato chiesto il documento di identità (20%).