(Roma, 14 settembre 2018) Abbiamo espresso alla Camera il nostro voto contrario sul decreto “Milleproroghe” dopo una lunga battaglia in Commissione e in Aula, condotta con tutti gli strumenti possibili dell’opposizione parlamentare. Sono molti le ragioni di contrarietà a questo decreto, di metodo e di merito: la forzatura della discussione, con il voto di fiducia, la contrazione dei tempi della discussione, l’indisponibilità a confrontarsi con le opposizioni in tanti occasioni del percorso parlamentare. E nel merito due sono i motivi più forti che ci vedono contrari: la vergognosa norma sull’obbligo dei vaccini e la cancellazione delle risorse destinate a finanziare il Piano Periferie. Ne ho parlato nel mio intervento in aula, illustrando il mio Ordine del giorno che impegna il Governo sul tema delle politiche urbane e le politiche abitative; odg che è stato approvato all’unanimità nella seduta di oggi.
Qui sotto il video e il testo del mio intervervento in Aula
Qui il testo dell’ordine del giorno approvato.
“Grazie signora Presidente. Dopo quest’altra pagina straordinaria di democrazia parlamentare, che ci è stata consegnata, riprendo il mio intervento di illustrazione dell’ordine del giorno n. 9/1117-A/75.
Come dicevo, è l’occasione per tornare su un punto, sul quale sia il dibattito in Commissione che il dibattito in Aula si è concentrato a lungo, trovando purtroppo sempre una chiusura totale da parte del Governo, rispetto alle richieste venute dalle forze di opposizione, ma anche da tanti rappresentanti del mondo delle istituzioni del Paese. Mi riferisco alla scelta di mettere in discussione, sostanzialmente, e affossare un progetto fondamentale, come quello contenuto nel Piano periferie, dilazionando l’efficacia delle convenzioni sottoscritte con i comuni e le città metropolitane al 2020.
Questa è stata una scelta che chiaramente ha il sapore della volontà di distruggere un’operazione costruita negli anni passati dai Governi che vi hanno preceduto e, soprattutto, di generare, come dire, una sorta di inedita rottura di un patto di lealtà tra lo Stato e le istituzioni. Quello che è avvenuto, andando a prorogare e a decidere di rivedere in maniera unilaterale – quindi da parte soltanto del Governo centrale – l’efficacia delle 96 convenzioni sottoscritte è un atto grave, dal punto di vista metodologico, ma anche del merito.
Rispetto al metodo, è evidente che avere sottoscritto un impegno con le comunità, i cittadini, le imprese e chi vive in quelle 96 città, metterlo in discussione, gettare un’ombra di incertezza – noi teniamo in maniera definitiva – sullo sviluppo di progetti, che erano stati condivisi con le amministrazioni locali, è qualcosa che rimarrà, che lascerà il segno.
Stiamo parlando, come è stato ricordato più volte, di atti che hanno un valore legale, obbligazioni assunte, non soltanto nei confronti delle amministrazioni, ma in molti casi anche nei confronti di professionisti e di soggetti privati, che hanno compartecipato al finanziamento di questi interventi. Mettere in discussione, dilazionare e gettare sostanzialmente nell’incertezza lo sviluppo di questi progetti significa non corrispondere ad una richiesta di affidabilità, che sta alla base del rapporto tra le istituzioni pubbliche e il mondo degli operatori privati, delle amministrazioni locali e soprattutto dei cittadini.
Ma anche dal punto di vista del contenuto di questa norma, di cosa stiamo parlando? C’è una gravità che chi si occupa dei temi della riqualificazione delle città, delle politiche urbane forse può cogliere meglio di altri, l’ha fatto, con parole molto efficaci, qualche settimana, fa il senatore a vita Renzo Piano. “Se interrompi il processo perdi il denaro, e in questo caso il denaro pubblico, e poi c’è il danno culturale, simbolico, politico”. Non dimentichiamo il fatto che questi progetti, che sono progetti complessi di riqualificazione non solo fisica, di pezzi delle nostre città, ma anche di investimento sul tessuto sociale, sul tessuto economico, sulla ricreazione, sulla formazione di quel senso di comunità che migliora la qualità della vita delle persone, per poter essere sviluppati hanno bisogno di progettualità, di visione del futuro, di costruire alleanze positive tra i soggetti pubblici, gli investitori, i professionisti che vengono chiamati a dare il loro contributo e intrecciano, incrociano le aspettative di chi vive in queste realtà, in queste realtà urbane spesso quelle più degradate, quelle dove la crisi ha morso in maniera più forte, dove ha lasciato dei segnali più difficili da superare. L’attenzione con cui detti Governi, precedenti, i nostri Governi, avevano deciso di dedicare 1 miliardo seicento milioni di risorse nel finanziare progetti di questo tipo era una chiara volontà di rispondere a un’esigenza reale, a un disagio presente nelle realtà urbane, ma anche di dare vita finalmente nel nostro Paese ad una prospettiva di investimento nelle politiche urbane che molti Paesi europei si sono dati con efficacia in questi anni, e che noi abbiamo iniziato a intraprendere attraverso il Progetto periferie. E allora, quello che è accaduto lascerà degli strascichi, li lascerà nei rapporti con le amministrazioni locali, le lascerà nei confronti dei cittadini; voglio ricordare, l’ordine del giorno parla proprio di questo, delle politiche abitative, delle risposte al bisogno di una casa accessibile a tutte famiglie, a tutti i cittadini…
E chiudo, signora Presidente, ma tra le tante ragioni per cui io e il mio gruppo parlamentare abbiamo votato contro la fiducia al Governo su questo provvedimento c’è anche questa, che fiducia possiamo avere verso un Governo che non rispetta i patti verso le parole di un Presidente del Consiglio che fa promesse fumose ai rappresentanti dei comuni, sulle quali noi chiediamo, anche attraverso questo ordine del giorno di rispondere nei fatti.