(Roma, 11 settembre 2018) Qual è lo stato di salute delle aree protette italiane? Il WWf Italia attraverso il Check-up dei parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette, che rappresentano una parte fondamentale del capitale naturale del nostro Paese, ha scattato un’istantanea dalla quale emergono luci e ombre.
Parchi Nazionali – Dall’indagine, alla quale hanno partecipato tutti i 23 Parchi Nazionali attualmente operativi e le 26 Aree marine protette sulle 29 istituite, emerge che “il lungo cammino iniziato con la legge quadro sulle aree protette (la 394/91) è ancora ben lontano dall’essere completato. I problemi principali riguardanti il sistema delle aree protette sono principalmente legati agli strumenti di gestione, alla carenza di personale qualificato e di risorse disponibili per progetti di conservazione”.
A conti fatti, l’Italia destina ogni anno ai 23 Pachi nazionali, che tutelano 1,5 milioni di ettari del nostro territorio nazionale (il 5% della Penisola) risorse in media pari a 81milioni di euro: 1 euro e 35 centesimi ad abitante, il costo di un cappuccino.
Parchi privi di fondi adeguati ma anche mancanti di personale specializzato. Nonostante gli strumenti e le competenze siano ritenute adeguati, le condizioni di impiego e l’aggiornamento spesso risultano insufficienti: nell’83% dei casi non hanno geologi e veterinari, nel 22% mancano di naturalisti o biologi, nel 22% sono carenti di agronomi o forestali, mentre la percentuale della pianta organica dedicata primariamente alla conservazione delle biodiversità spesso è inferiori al 10%.
Inoltre più della metà (15 su 23 parchi) attendono entro la fine di quest’anno la designazione dei presidenti o dei direttori. Solo nel 30% dei casi è stato approvato in via definitiva il Piano per il Parco e meno del 10% si è dotato di un Regolamento, sebbene i parchi abbiano definito in maniera sufficiente specifici obiettivi di conservazione e relative strategie. Le spese per le attività di monitoraggio e per i progetti di conservazione risultano entrambe inferiori al 10% del budget per la quasi totalità dei Parchi, in 9 di questi sono addirittura inferiori al 5%.
Aree Marine Protette (Amp) – Per quanto riguarda le Aree marine protette, “nonostante i suoi 7.500 chilometri di coste – si legge nel report del WWF-, l’Italia sembra aver voltato le spalle al mare” Le 29 Aree marine protette (inclusi 2 parchi sommersi), infatti, “incidono solo su 700Km di costa (pari allo 0,8% del totale) e 228 mila ettari di mare”. Va peggio per quanto riguarda le risorse, se si considera che “nel 2017 sono stati destinati per il loro funzionamento e gestione solo 7milioni di euro, (3,6 euro a ettaro di mare protetto)”.
Rifiuti spiaggiati e plastiche in mare, turismo e traffico navale, bracconaggio e pesca illegale sono i fattori che attualmente affliggono con maggiore intensità la biodiversità delle Amp italiane, in particolare quelle di piccole dimensioni, mentre bracconaggio e pesca illegale costituiscono la pressione più diffusa come numero di aree marine protette interessate, con trend spesso in aumento.
In riferimento alle strategie e agli strumenti di gestione, quasi il 70% delle Amp è dotato di un Piano di gestione approvato in via definitiva e quasi l’80% degli enti ha approvato il proprio Regolamento. Buona anche la percentuale di approvazione dei piani e delle misure di conservazione.
Analizzando quanto emerge dal Check-Up, il WWF ritiene che sia necessario un “tagliando” della Legge quadro sulle aree protette che abbia l’obiettivo di rafforzare il ruolo di sistema di queste aree anche attraverso la realizzazione di una Strategia Nazionale sulla Biodiversità, di garantire una maggiore connessione con le aree contigue, di incrementare l’autorevolezza e le competenze di chi rappresenta o lavora nei parchi. Inoltre, “insieme alla semplificazione di alcuni processi gestionali ed amministrativi, per facilitare una corretta possibilità di autofinanziamento, è indispensabile un intervento sul sistema delle Riserve Naturali dello Stato che rientrano nel perimetro della aree protette”.
In particolare viene considerato “indispensabile la modifica normativa per tutto il comparto della Aree marine protette che costituiscono di fatto “un’inaccettabile ‘serie B’ della aree protette”.
Il rafforzamento della natura protetta “non può prescindere da una governance più forte e credibile” così come dalla presenza di “figure di qualità, coerenti con una corretta visione dei Parchi”, ma anche da un incremento di risorse“ da destinare alla gestione ordinaria della aree protette nazionali terrestri e marine”, da un’”implementazione” del sistema con il “completamento di tutti i parchi ‘sospesi’”, rimasti sulla carte, e con la costituzione di una “Rete Ecologica Nazionale” finalmente integrata.