(Roma, 12 aprile 2018) Sicurezza è la parola che più ha riempito la campagna elettorale da poco terminata e che oggi, sgonfiata della propaganda mediatica, continua comunque ad essere al centro delle discussioni della gente comune. Di sicurezza e di protezione si parla un po’ ovunque nei bar, ai mercati, sui treni, tra vicini di casa, nei consigli comunali e molto spesso lo si fa associando loro i termini di immigrazione e criminalità. Una sorta di automatismo mentale difficile da ricontestualizzare che rischia di farci perdere di vista i tanti altri ambiti in cui sicurezza e protezione sono altrettanto (se non più), rilevanti. Uno di questi ambiti è il lavoro.
Dall’inizio del 2018 è di circa 159 il numero delle persone che nel nostro Paese hanno perso la vita nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche, nei cantieri, nelle officine. E la casistica degli infortuni si arricchisce, purtroppo, di un dato “lugubre”, quello delle morti plurime. Tre morti a marzo per lo scoppio di un locale a Catania, due morti, otto giorni dopo, nel porto di Livorno per l’esplosione di un serbatoio di acetato di etile; altri due operai morti nel giorno di Pasqua a Treviglio in una fabbrica di pet food per lo scoppio di un’autoclave; due morti a Crotone, travolti dal muro di contenimento in un cantiere edile.
Drammi consumati sul luogo di lavoro e vissuti dalle famiglie delle vittime, dai colleghi, dai titolari delle imprese, che perdono un loro caro, un collega e amico, un lavoratore.
Cifre comunque approssimative perché la conta dei morti sul lavoro è priva di una certa ufficialità statistica. Non esiste, infatti, in Italia un ente pubblico che raccolga in maniera completa e tempestiva tutti i dati sugli infortuni sul lavoro, mortali e non. Ogni associazione fa le proprie stime: ci sono i conteggi tenuti sulla base di notizie e agenzie di stampa dall’Anmil, l’associazione nazionale dei mutilati e invalidi del lavoro; quelli più precisi elencati dai sindacati nazionali le cui stime parlano di 154 morti bianche da gennaio a marzo; ci sono poi i numeri forniti dall’Osservatorio indipendente di Bologna, nato dieci anni fa dopo l’incidente alla Tyssenkrupp di Torino, che calcola, sempre da gennaio a marzo, 159 vittime, l’8,9% in più sugli stessi mesi del 2017. Infine abbiamo le statistiche dell’Inail i cui dati ufficiali però, oltre ad essere fermi a gennaio 2018 con 67 decessi contro i 69 del gennaio 2017, scontano il fatto di non raccogliere tutte le denunce di infortunio ma solo quelle relative ai propri assicurati, non conteggiando quindi tutti gli incidenti, per esempio, dei liberi professionisti, delle partite Iva, dei dipendenti delle forze di polizia, dei vigili del fuoco. Così come restano fuori dall’elenco tutti gli incidenti occorsi ai lavoratori in nero, i quali, per ovvie ragioni, si guardano bene dal denunciare qualsiasi infortunio lavorativo.
Al di là dei diversi sistemi di computazione non esaustivi, la secca analisi dei numeri evidenzia una recrudescenza del fenomeno delle morti sul lavoro. Ed è indicativo il fatto che, con la ripresa economica degli ultimi mesi, sono tornati ad aumentare infortuni e morti sul lavoro.
Le cause? Diverse: dalle imprese non in regola in materia di sicurezza (nel 2017, quelle irregolari sono risultate 2 su 3), a quelle che trovano il modo di risparmiare sui corsi di formazione anti-infortunistica; dal calo dei controlli e delle ispezioni di Asl e Inail, al ruolo mal organizzato dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; dal mancato o limitato riutilizzo delle sanzioni incassate per la prevenzione, alla diminuzione delle denunce di infortuni, all’inadeguato sviluppo di una cultura della sicurezza sul lavoro.
Alla catena di incidenti mortali delle ultime settimane ha cercato di dare risposte il ministro Poletti, che alcuni giorni fa ha tenuto un tavolo di confronto con i vertici di INL, INAIL e INPS proprio sul tema degli infortuni mortali. Secondo quanto riportato in una nota del Ministero del Lavoro, “dalla valutazione dei recenti episodi di incidenti mortali non emergono situazioni o fattispecie particolari, bensì la conferma che essi fanno riferimento alle casistiche statisticamente ricorrenti con maggiore frequenza (investimento ad opera di mezzi o macchine, caduta dall’alto, intossicazione in ambienti confinati, ribaltamento di mezzi meccanici, specialmente in agricoltura). Un elemento che non sminuisce la gravità di una situazione che richiede di essere fronteggiata con un impegno costante e con strumentazioni ed iniziative adeguate”.
In che modo? Ad esempio impostando una più efficace vigilanza sul rispetto delle norme di prevenzione e di salute; adottando una regia che coordini le ispezioni, evitando le duplicazioni e aumentandone l’efficacia; rafforzando ulteriormente i controlli, attraverso anche specifiche intese con le Regioni che prevedano forme stabili di coordinamento tra i vari controllori. Non solo gli interventi ispettivi dovranno essere rafforzati, più mirati e opportunamente coordinati, ma anche gli incentivi andrebbero meglio orientati. Sono necessari, infatti, più sensibilità e un accurato rispetto delle procedure aziendali di sicurezza da parte di tutti i soggetti coinvolti, così come occorre un maggiore sforzo per diffondere la cultura della prevenzione e della sicurezza nel nostro Paese, attraverso azioni concrete e continue di informazione, formazione e sensibilizzazione.
Fondamentale poi l’azione di sintesi che rafforzi lo scambio e l’utilizzo condiviso dei dati e delle informazioni di cui dispongono i diversi soggetti preposti all’attività di controllo. Mentre indispensabile è lo sviluppo e la diffusione di soluzioni tecnologiche innovative che possono consentire di prevenire alcune tipologie di infortunio mortale. Perché droni e robot possono mettere al riparo da sostanze tossiche inquinanti, sensori e trasmettitori hi-tech possono segnalare per tempo la presenza di persone nel raggio di azione delle macchine e impedire investimenti, nuovi sistemi di ancoraggio e reti di sicurezza possono evitare le cadute dall’alto. Perché dare l’attenzione adeguata alla sicurezza e alla protezione sul lavoro è una questione di progresso e di civiltà del Paese.