(Roma, 05 febbraio 2018) Al centro del convegno di questa giornata, di questa Prima conferenza dell’Osservatorio nazionale dei Contratti di Fiume, tenutasi nell’Aula dei gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, c’è l’ACQUA – in particolare quella disponibile in natura, nell’ecosistema, e quindi i corsi d’acqua, i fiumi, ma più in generale i territori fluviali, lacustri, costieri.
È difficile che di questi temi si senta parlare al di fuori di consessi come questo, fatto in larga parte di esperti e di addetti ai lavori, di appassionati alla materia; questi temi non conquistano quasi mai le prime pagine dei quotidiani.
Dico “quasi mai” perché invece, ripensandoci, qualche volta, nemmeno troppo di rado, è accaduto: per l’esondazione di un fiume, più o meno famoso; per qualche alluvione che ha messo in ginocchio larghe parti di Paese; per l’emergenza siccità che ha colpito intere Regioni nell’ultima estate.
Sempre nella categoria dell’emergenza, mai ancora nella giusta prospettiva che invece dovrebbe essere; una grande sfida del nostro tempo, declinata nell’Agenda Globale per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite dove tra i 17 obiettivi vi è anche quello di “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”.
In verità il Parlamento di questi temi se ne è occupato molto, in questa Legislatura, credo più che in ogni altra precedente; portando a compimento nel Collegato ambientale, seppure con un certo ritardo, il recepimento di due importanti Direttive comunitarie, la Direttiva Acque e la Direttiva Alluvioni.
Si è data attuazione alla riforma delle Autorità di distretto idrografico, che oggi sono chiamate a completare i processi di pianificazione e di gestione integrata delle acque a livello di bacino idrografico, confermando l’impegno a prevenire il deterioramento qualitativo e quantitativo delle acque e ad assicurarne un uso sostenibile.
Con lo Sblocca Italia si sono assunte disposizioni importanti per sostenere l’attuazione di politiche efficaci di governo del servizio idrico integrato; si è avviato un programma pluriennale di messa in sicurezza del territorio, attraverso l’istituzione di una specifica struttura di missione, Italia sicura, investita oltre che delle politiche di contrasto al dissesto idrogeologico anche dello specifico compito dello sviluppo delle infrastrutture idriche.
Nell’ultima legge di Bilancio sono state stanziate ulteriori risorse destinate a questi obiettivi e si sono approvate misure per promuovere un Piano nazionale di interventi nel settore idrico (il Piano Invasi su cui bisognerà ragionare e costruire i passaggi attuativi necessari ed opportuni) .
Questa legislatura ha anche dato un impulso, credo importante, al
riconoscimento dei Contratti di fiume, strumenti volontari di programmazione negoziata che perseguono la tutela e la corretta gestione delle risorse idriche, la valorizzazione dei territori fluviali e la salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale.
L’abbiamo fatto con un emendamento di cui sono stata promotrice al Collegato ambientale, attraverso cui è stato inserito un articolo – il 68-bis – al dlgs 152/2016, raccogliendo l’esperienza di decine di Contratti di fiume che in questi anni sono nati e hanno dispiegato i propri effetti sui territori. Alcuni di questi li conosco meglio e da sempre, per vicinanza territoriale; altri ho avuto modo di incrociarli e qualche volta di incoraggiarli nelle loro fasi iniziali.
Con molti interlocutori oggi presenti, rappresentanti e credo fondatori del Tavolo nazionale dei CdF, ricordo che in più occasioni abbiamo ragionato dell’opportunità o meno di dare “veste giuridica” allo strumento dei Contratti di fiume.
Io ero convinta di sì, ovviamente; e ne resto convinta in ragione soprattutto della prima parte di quell’articolo 68 bis: “I contratti di fiume concorrono alla definizione e all’attuazione degli strumenti di pianificazione di distretto a livello di bacino e sottobacino idrografico”
Attraverso questa norma i CdF sono riconosciuti a tutti gli effetti come strumenti di attuazione delle politiche di difesa del suolo, di tutela e valorizzazione delle risorse idriche e del territorio; credo che questo sia il presupposto da cui partire per sviluppare il ragionamento su cui si fonda questa Tavola rotonda “Verso la strategia nazionale per i contratti di fiume”.
I Contratti d fiume in questi sono stati riconosciuti nelle linee guida per il contrasto al rischio idrogeologico redatte dall’unità di missione “Italia sicura”, sono richiamati nella strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e sono presenti nei criteri di selezione previsti per il Programma di sviluppo rurale nazionale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare ha concorso a questo processo attraverso l’elaborazione di linee guida sui criteri di qualità dei contratti di fiume e ha progressivamente sostenuto la loro diffusione ed il loro rafforzamento.
A novembre 2017 la Commissione Ambiente della Camera ha approvato all’unanimità una Risoluzione sull’attuazione dei Contratti di fiume.
Con quell’atto impegnavamo il Governo alla costituzione di un’Osservatorio sui CdF, che operi in stretta correlazione alle Regioni e allle Autorità di distretto, con l’obiettivo primario di indirizzo, monitoraggio, supporto ai processi e valutazione dell’efficacia delle politiche, impegno che con piacere vediamo si è concretizzato e sta producendo i suoi effetti.
In generale dal Parlamento veniva una spinta verso un riconoscimento strategico allo strumento dei CdF, tema che oggi ritroviamo con favore al centro di questo dibattito.
Contrastare il deterioramento qualitativo e quantitativo dello stato delle acque e assicurarne un utilizzo sostenibile richiede sempre più un approccio integrato e multidisciplinare ed una governance delle acque e dei suoli che valorizzi la partecipazione e la cooperazione dei diversi portatori di interesse e il coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali che insistono sui territori, contribuendo a superare la frammentazione di competenze ed approcci ancora troppo diffusa.
Come abbiamo visto dalle esperienze illustrate nella mattinata i contratti di fiume affrontano in maniera organica tematiche apparentemente eterogenee ma in realtà profondamente interconnesse tra loro: la qualità delle acque, l’esposizione del territorio ai rischi idraulici ed idrogeologici, la difesa del suolo, una gestione del territorio in grado di coniugare sostenibilità economica e sostenibilità ambientale, lo sviluppo di una società e di un tessuto produttivo resiliente alle dinamiche naturali e ai cambiamenti climatici.
La sfida oggi è sempre più quella di accompagnare lo sviluppo di esperienze locali diffuse ad un’azione di coordinamento ed armonizzazione su tutto il territorio nazionale, costruire una politica nazionale di tutela e gestione delle risorse idriche e dei territori che gravitano attorno a corsi d’acqua, laghi, coste.
I contratti di fiume si stanno dimostrando uno strumento particolarmente efficace, in grado di indirizzare i diversi portatori d’interesse verso forme di collaborazione che superino l’approccio settoriale alle problematiche e agli ostacoli che spesso si incontrano nei territori per mancanza di dialogo con le comunità; favoriscono la partecipazione, la condivisione delle informazioni e l’assunzione di responsabilità da parte dei soggetti coinvolti, aumentando l’efficienza dei processi decisionali e migliorando la qualità progettuale degli interventi e il grado di accettabilità sociale degli stessi nel territorio.
In molti casi i CdF rappresentano un investimento di consapevolezza e responsabilità che va oltre al raggiungimento di un risultato specifico e costituisce un patrimonio stabile e condiviso del territorio.
Questo per me è un punto dirimente: generare “cultura” diffusa di cura del territorio credo rappresenti una grande responsabilità della politica e delle istituzioni.
Ecco perché ritengo che una maggiore integrazione tra le azioni locali e la pianificazione di distretto idrografico e regionale e la finalizzazione di risorse pubbliche, utili a diffondere queste esperienze nell’intero territorio nazionale, dovranno essere obiettivi prioritari nella prossima Legislatura.
Dal Tavolo nazionale all’Osservatorio, la sfida oggi è quella di una Strategia nazionale dei CdF: mettere a sistema risorse, obiettivi, attori in una visione di sviluppo territoriale condivisa, coerente con gli obiettivi di sostenibilità economica, ambientale e sociale che parta dai fiumi, dai laghi, dall’acqua “fattore di vita” per gli uomini e per il nostra pianeta.