Criteri minimi per uniformare i sistemi collettivi, strumenti di controllo e vigilanza più efficaci
(Roma, 31 gennaio 2018) “Con questa Relazione restituiamo un quadro unitario e aggiornato del sistema dei Consorzi e del mercato del riciclo nel nostro Paese, evidenziando punti di forza e criticità del sistema che rappresenta un pezzo fondamentale della evoluzione verso un modello di economia circolare, fondato sul recupero della materia, in via definizione da parte della Commissione Europea”. Lo afferma Chiara Braga, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che ieri ha approvato la Relazione sui consorzi e il mercato del riciclo, curata oltre che dalla Presidente stessa, dai deputati onorevole Miriam Cominelli e onorevole Alberto Zolezzi.
Il sistema dei consorzi di produttori si occupa oggi della maggior parte dei rifiuti che costituiscono l’oggetto del mercato del riciclo. Le attività della Commissione si sono concentrate sui soggetti più importanti che in esso agiscono, ovvero i sistemi collettivi di gestione dei rifiuti. Le informazioni alla base dell’approfondimento sono state raccolte nel corso di audizioni condotte a partire dal mese di gennaio del 2017, che hanno visto la partecipazione dei maggiori stakeholders presenti nelle varie filiere di gestione ed in particolare dei consorzi . L’indagine svolta ha tenuto conto del quadro normativo di riferimento e delle evoluzioni a livello nazionale e comunitario, in particolare riguardo alle disposizioni inerenti la responsabilità estesa del produttore nel “Pacchetto sull’economia circolare” in via definizione da parte della Commissione Europea.
I consorzi di filiera non costituiscono un modello esclusivo di gestione efficace del riciclo, essendo storicamente legati a un’evoluzione che ha richiesto un sostegno alle insufficienze del mercato. Non si tratta di consorzi obbligatori; ne deriva pertanto l’apertura a un sistema sostanzialmente concorrenziale, rispetto al quale sono da tenere sotto osservazione prassi e comportamenti ostativi.
La relazione, pur riconoscendo l’esistenza di mercati di rifiuti e materia non omogenei, ha registrato la significativa eterogeneità dei modelli organizzativi esistenti: “Un grado di diversità – si legge nelle conclusioni dell’approfondimento – che appare eccessivo. In particolare, a fronte di un medesimo principio di base, che impone di creare un meccanismo che copra i costi di raccolta e recupero dei rifiuti su tutto il territorio nazionale, le configurazioni organizzative presentano modelli in cui diverso è il peso dei produttori del prodotto, in taluni schemi unici soggetti legittimati a consorziarsi, in altri nei quali la partecipazione al consorzio si configura come “eventuale”; modelli in cui si è in presenza di un unico consorzio obbligatorio e sistemi in cui i consorzi sono in concorrenza tra di loro; tra questi ultimi taluni hanno meccanismi di coordinamento, altri no”.
“Appare auspicabile – prosegue la relazione approvata oggi – che il legislatore intervenga per garantire una uniformazione dei criteri minimi cui devono conformarsi i sistemi collettivi, in una logica di efficienza e trasparenza del sistema e nel rispetto dei principi previsti a livello europeo con riferimento alla responsabilità estesa del produttore”.
Vi è poi una assenza, o grave insufficienza, dei controlli sui sistemi collettivi e sulla loro attività: “I controlli possono in astratto essere considerati in almeno due fasi: una preventiva, al momento di attività di riconoscimento o approvazione di atti da parte dell’amministrazione pubblica, e una successiva, sulla corrispondenza tra i dati e le informazioni rese da tali soggetti e l’attività effettivamente svolta. In entrambe tali accezioni il sistema dei controlli appare gravemente carente” scrivono i relatori. L’insufficienza dei controlli rilevata dalla Commissione deriva da una inadeguata definizione, da parte del legislatore, dei poteri delle amministrazioni e delle relative sanzioni: “In particolare non sono adeguatamente indicati gli atti in cui dovrebbe concretarsi l’attività di verifica e i soggetti competenti. In presenza di un bilancio non congruo che imputasse al contributo ambientale costi non connessi all’attività di gestione dei rifiuti, ad esempio, non appare affatto chiaro quali siano i poteri del Ministero dell’ambiente – se di tipo meramente dichiarativo, sanzionatorio o anche inibitorio dell’attività – che ravvisasse tali irregolarità”. In questo senso la Commissione auspica una revisione delle norme riguardanti il potere di vigilanza, prevedendo una gradualità delle fattispecie sanzionate e delle sanzioni.
Una difformità nella gestione dei consorzi appare anche dai bilanci analizzati: “In particolare – si legge nelle conclusioni della relazione – l’imputazione di fondi a riserve, risolvendosi di fatto in una “stanza di compensazione” rispetto a oscillazioni economiche di mercato, rischia di contraddire la ratio dell’istituto; vi è poi da considerare che, in carenza di controlli specifici, non vi è verifica della coerenza di talune voci dibilancio, in particolare per quanto riguarda i costi di struttura”.
Infine la Commissione auspica un maggiore controllo, ambientale e giudiziario, sulla “fuoriuscita illecita di materia dal circuito del riciclo, che si manifesta su più fronti e produce un significativo danno ambientale ed un altrettanto significativo danno all’economia”. Qui o sul sito della Camera dei Deputati, il testo completo della relazione.