(Roma, 01 dicembre 2018) Quando si sta all’opposizione capita spesso di provare fastidio e contrarietà per i provvedimenti della maggioranza e del Governo. Questa settimana, forse per la prima volta nella mia esperienza parlamentare, questi sentimenti si sono trasformati in qualcos’altro: un misto di rabbia e angoscia di fronte all’approvazione del decreto “Salvini” o “decreto sicurezza” (Decreto legge n. 113 del 4 ottobre 2018), che tradisce, nei fatti, uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione sancito dall’articolo 10. Il provvedimento votato a colpi di fiducia dalla maggioranza Lega e 5S, impedendo qualsiasi dibattito e soffocando ogni voce di dissenso (quelle ex-post valgono zero, anche se vengono dal Presidente della Camera Fico), contiene norme che realizzano l’obiettivo perverso voluto dalla Lega “padrona” di questo esecutivo. In nome della presenta “sicurezza” si è ridotto il tema enorme e complesso dell’immigrazione a una mera questione di ordine pubblico, dando copertura normativa e non solo politica a razzismo, discriminazione, restrizione delle libertà individuali, a quei disvalori che la destra che oggi guida il Paese sta irresponsabilmente cavalcando e sdoganando.
L’abolizione quasi totale dell’istituto della protezione umanitaria sta già producendo, in questi primissimi giorni, l’effetto di far precipitare nell’irregolarità molte persone, rendendo più precaria la loro condizione giuridica e umana; molte di loro rischiano di scivolare in un’area di illegalità in cui possono più facilmente diventare preda della criminalità.
Lo smantellamento del sistema di accoglienza diffusa degli SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è poi chiaramente il modo di destabilizzare un sistema che in questi anni, grazie al lavoro fondamentale dei Comuni, ha favorito reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione; persone che in questo modo hanno potuto partecipare ai corsi di italiano, accedere ai servizi medici e ai servizi sociali, nella stragrande maggioranza dei casi condividendo con le comunità locali che li accoglievano diritti e doveri capaci di accelerare e favorire i percorsi di integrazione.
Oggi al contrario si sceglie l’esatto opposto, obbligando queste persone a tornare nei grandi Centri di accoglienza straordinaria (CAS), dove la gestione è dettata da logiche emergenziali, decisamente meno trasparenti, e dove è più forte il rischio di conflitti anche per le condizioni di vita in cui queste persone sono costrette a trascorrere mesi di totale inattività. E poi la stretta sul diritto di cittadinanza con l’allungamento dei tempi di riconoscimento e la previsione di rigetto anche in caso di matrimonio sono lì a dimostrare che quello che si vuole ottenere non è vera integrazione, ma solo allungare il più possibile l’incertezza e la precarietà per chi arriva nel nostro Paese spesso fuggendo da guerre, carestie, povertà. E far crescere il senso di fastidio e ostilità nei confronti di persone che rischiano di essere “sospese” o di diventare apparentemente “invisibili”, ma che invece esistono e impongono a una politica seria di occuparsi di loro, non certo di usarle come oggetto di propaganda costante per i propri tornaconti di consenso elettorale. Lo sanno, loro per primi che hanno voluto questa legge, che queste norme non porteranno più sicurezza ma anzi alimenteranno esattamente l’opposto.
Mi domando come si sentono Ministri, Sottosegretari, parlamentari che hanno esultato in aula e fuori per l’approvazione di questa legge pessima nel vedere le immagini di quella donna con il suo bambino di pochi mesi sulle spalle, costretti ad abbandonare le strutture dove erano accolti e si sono trovati nel niente, per strada, dall’oggi al domani.
Si sentono più sicuri, più onesti, più umani di fronte a quelle immagini? Io, che quella legge non l’ho votata, provo comunque vergogna a guardarle e mi domando se io, noi abbiamo fatto tutto quello che potevamo – non oggi e non ieri soltanto – per evitare di arrivare fin qui. So però per certo che la nostra battaglia non si è conclusa nelle aule parlamentari e che soprattutto la nostra è solo una delle voci che si deve unire alle tante altre, a livello nazionale ma anche locale, che non sono disposte ad accettare come normale quel che sta accadendo. Non sarà facile, ma ascoltarsi, mettersi a fianco l’uno dell’altra, anche nelle diversità, è il primo passo per contrastare oggi e sconfiggere il più presto possibile questa destra pericolosa che ci governa.
Qui la “Nota sul decreto ‘insicurezza‘” a cura dell’Ufficio Documentazione e Studi dei DeputatiPD
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IL DECRETO “INSICUREZZA”