(Roma, 1 agosto 2018) Il 1 agosto è l’Earth Overshoot Day, il giorno di “sovrasfruttamento della Terra”, ovvero il giorno in cui lo l’uso delle risorse naturali supera quelle che il nostro pianeta può generare nell’anno. Detto in termini più semplici, l’Overshoot Day  è la data in cui gli abitanti della Terra sono arrivati a consumare tutte le risorse naturali che il pianeta è in grado di “rigenerare” in un anno. Un giorno che, purtroppo, dagli anni ’70 in poi è sempre più in anticipo. Nel giro di circa 40 anni, infatti, l’Overshoot Day è passato dal ricorrere il 29 dicembre nel 1970, a cadere a settembre nel 2000, fino ad arrivare al 1° agosto del 2018, un giorno prima dell’anno scorso. In pratica sono stati “persi” circa 30 giorni di autosufficienza del Pianeta ogni 10 anni.

Le stime indicano che quest’anno, per soddisfare il fabbisogno attuale di risorse naturali, stiamo sfruttando l’equivalente di 1,7 pianeti Terra: consumiamo più risorse e servizi ecologici di quanti la natura possa rigenerare; sfruttiamo in modo più veloce foreste e aree di pesca di quanto il pianeta riesca a ricostituirle, emettiamo più anidride carbonica nell’atmosfera di quanto gli ecosistemi riescano ad assorbire. E per soddisfare il fabbisogno degli italiani servirebbero 4,3 Italie. Lo ha calcolato il Global Footprint Network – Istituto internazionale di ricerca, che ha ideato il metodo per calcolare il consumo delle risorse attraverso l’Impronta Ecologica.

Ma come consumiamo queste risorse? Ben il 60% corrisponde alla “richiesta di natura” necessaria per l’assorbimento delle emissioni di anidride carbonica. E pensare che tutti noi potremmo fare qualcosa per migliorare la situazione anche solo partendo da un diverso approccio al cibo, visto che il modo in cui lo produciamo contribuisce per oltre il 30% alle nostre emissioni di gas serra (più del riscaldamento che impatta per un 23,6% e dei trasporti che incidono “solo” per il 18,5% dei gas serra prodotti nel mondo). Una situazione che ci sta portando a erodere risorse naturali. Da domani, quindi, staremo simbolicamente erodendo il capitale (naturale) del pianeta.

“Allo stato attuale – ci aggiorna il direttore scientifico di WWF Italia, Gianfranco Bologna, il degrado dei suoli della Terra dovuto all’impatto umano sta esercitando un ruolo fortemente negativo sul benessere umano, in particolare per almeno 3.2 miliardi di individui, e sta contribuendo alla sesta estinzione di massa della ricchezza di biodiversità della Terra. La valutazione del costo complessivo di questo degrado, causato dalla perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemici, viene valutato in più del 10% del prodotto lordo mondiale. Al 2014 più di 1.5 miliardi di ettari di ambienti naturali sono stati convertiti in aree coltivate. Oggi meno del 25% della superficie complessiva delle terre emerse del nostro pianeta sono in una situazione naturale. Secondo gli esperti si stima che, al 2050, questa quota potrebbe scendere al 10%, se non si agisce significativamente per invertire la tendenza attuale”.

Nei prossimi trent’anni si stima che almeno 4 miliardi di persone vivranno in zone aride e i problemi del continuo degrado del suolo, con la perdita di biodiversità e gli effetti dei cambiamenti climatici, forzeranno a migrare una cifra molto varia, che potrebbe raggiungere fino ai 700 milioni di esseri umani. Le prospettive per le attività agricole sono preoccupanti: la combinazione del degrado del suolo e del cambiamento climatico potrebbe condurre entro il 2050 da una media del 10% fino al 50%, in alcune regioni, di riduzione della produzione agricola. Tutto ciò amplificato dalla crescita demografica: l’Africa ha oggi una popolazione umana che si aggira su 1.25 miliardi di abitanti e nel 2050 sarà raddoppiata, secondo la variante media di crescita prevista dall’ONU, raggiungendo quindi quasi 2.5 miliardi. La Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition ha calcolato col Food Sustainability Index (indice realizzato con The Economist Intelligence Unit) che ci sono diversi Paesi che ogni anno perdono terreni coltivabili per colpa di inquinamento e desertificazione. La Cina, ad esempio, perde il 7,9% dei suoi terreni coltivabili ogni anno, l’Etiopia il 3,5% e la Nigeria il 2,8%. Non va poi molto meglio all’Italia che si ferma a un 2,3%.

Tutti questi numeri ci dicono in sostanza che per far funzionare il sistema economico attuale, stiamo prendendo in prestito le risorse che ci serviranno domani. Invertire questo trend è possibile. Come fare? Qui alcune azioni concrete sulle “quattro aree sensibili” suggerite dal Global Footprint Network.

CITTA’ – Si prevede che tra il 70% e l’80% della popolazione mondiale vivrà nelle città entro il 2050. Se le stime sono corrette allora le strategie di pianificazione e di sviluppo urbano saranno sempre più fondamentali per bilanciare l’offerta di capitale naturale e la domanda della popolazione. Gli esempi includono edifici ad alta efficienza energetica, zonizzazione integrata, città compatte e opzioni efficaci per il trasporto pubblico e di persone.

ENERGIADecarbonizzare l’economia è la migliore possibilità per affrontare il cambiamento climatico e migliorare l’equilibrio tra la nostra Impronta ecologica e le risorse naturali rinnovabili del pianeta.  Riducendo del 50% la componente di carbonio nella nostra impronta ecologica, a livello mondiale, sposteremmo la data in avanti di ben 93 giorni.

CIBO – Anche il come si affrontiamo uno dei nostri bisogni più elementari,  il cibo, la domanda alimentare,  è un modo efficace per influenzare la sostenibilità del pianeta. L’approvvigionamento di cibo a livello locale e l’eliminazione di alimenti altamente trasformati possono ridurre l’impronta ecologica. Due le questioni principali sulle quali provare a incidere:  l’inefficienza delle risorse nella produzione alimentare e lo spreco alimentare. E’ possibile rendere sostenibili, da un punto di vista ambientale, la produzione, il consumo e il commercio di alimenti. Ma serve un cambiamento importante nelle abitudini di produttori e consumatori. La riduzione degli impatti ambientali del sistema alimentare richiede un uso più efficiente e sostenibile delle risorse naturali, cambiamenti nei metodi di produzione, scelte alimentari e diete e riduzione dei rischi ambientali attraverso l’eliminazione graduale dell’uso di sostanze chimiche dannose.

Circa un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano – 1,3 miliardi di tonnellate ogni anno – viene perso o sprecato. Uno degli obiettivi dell’Onu Sustainable Development Goal consiste nel dimezzare gli sprechi alimentari pro capite dei consumatori al dettaglio e ridurre le perdite alimentari lungo la catena di produzione e approvvigionamento, comprese quelle post-raccolto, entro il 2030. Se riducessimo gli sprechi alimentari a metà del mondo, avremmo spostato il giorno di Overshoot di 11 giorni.

POPOLAZIONE – Il numero degli esseri umani sul pianeta è da sempre fortemente correlato agli impatti antropici sull’ambiente. Affrontare il tema dell’equilibrio demografico dell’intero mondo risulta quindi di fondamentale importanza. Investire sull’emancipazione delle donne e sull’eguaglianza di genere ponendo fine alle forme di discriminazione, contribuirebbe alla stabilizzazione della popolazione.

Da oggi, 1 agosto 2018,  accumuliamo un debito ecologico sempre più difficile da sostenere. La sfida del futuro è quella di applicare tecnologie e conoscenze per invertire la rotta e salvaguardare il nostro Pianeta.

 

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1 AGOSTO 2018, EARTH OVERSHOOT DAY
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