(Roma, 03 maggio 2018) Nel mondo il 90% della popolazione respira aria contenente elevate quantità di  sostanze inquinanti. Ciò significa che 9 persone su 10 respirano aria con valori medi inquinanti superiori ai livelli guida fissati per salvaguardare la salute. Lo afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità presentando le nuove stime, aggiornate al 2016, che rivelano un allarmante bilancio in termini di vite umane: 7 milioni di persone muoiono ogni anno a causa dell’inquinamento ambientale atmosferico e domestico dovuto, principalmente, all’esposizione al particolato sottile che penetra in profondità nei polmoni e nel sistema cardiovascolare, causando ictus, malattie cardiache, cancro e altre patologie ostruttive croniche ai polmomi o infezioni respiratorie come la polmonite.

L’inquinamento atmosferico da solo ha provocato circa 4,2 milioni di morti nel 2016, mentre quello atmosferico domestico, dovuto alla cottura con combustibili e tecnologie inquinanti, ha provocato 3,8 milioni di morti nello stesso periodo. Più del 90% dei decessi correlati all’inquinamento atmosferico si verificano nei Paesi a basso e medio reddito, principalmente in Asia e in Africa (i cui dati però sono limitati a soli 8 Paesi), seguiti dagli Stati a basso e medio reddito della regione del Mediterraneo orientale, Europa e Americhe. Nelle città europee ad alto reddito, l’inquinamento atmosferico, a seconda del livello, ha dimostrato di abbassare l’aspettativa di vita media tra i 2 e i 24 mesi.

Circa 3 miliardi di persone – oltre il 40% della popolazione mondiale – nelle proprie case non hanno ancora accesso a combustibili e tecnologie di cottura puliti, circostanza questa che rappresenta la principale fonte di inquinamento domestico dell’aria. L’OMS ha monitorato l’inquinamento atmosferico domestico per oltre un decennio rilevando che, mentre il tasso di accesso ai combustibili e alle tecnologie pulite sta aumentando ovunque, i miglioramenti non sono al passo con la crescita della popolazione in molte parti del mondo, in particolare nell’Africa sub-sahariana .

Tuttavia, oltre alle cattive notizie, dal rapporto dell’Organizzazione dell’Onu specializzata in questioni sanitarie, emergono anche dati confortanti. Più di 4.300 città in 108 Paesi sono state incluse nel database di monitoraggio della qualità dell’aria dell’Oms. Di queste, oltre 1.000 città sono state aggiunte dal 2016, il che dimostra che un numero sempre maggiore di Paesi sta misurando e prendendo coscienza del problema.

“Molte megalopoli nel mondo superano di oltre 5 volte i livelli guida dell’Oms per la qualità dell’aria. Questo rappresenta un grave rischio per la salute delle persone” afferma la dottoressa Maria Neira, direttore del Dipartimento di Salute pubblica, Ambiente e Determinanti sociali della salute dell’Oms che intervistata dalla Cnn conferma come “non ci sono dubbi che l’inquinamento dell’aria oggi rappresenti non solo il più rilevante rischio ambientale per la salute ma anche, e posso dirlo chiaramente, la più grande sfida per la salute pubblica che al momento stiamo affrontando”. E aggiunge: “Oggi, tuttavia assistiamo a un’accelerazione dell’interesse della politica nella sfida globale per la salute pubblica”.

“La buona notizia” quindi, confermata anche dal direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus,  “è che stiamo vedendo sempre più governi aumentare gli impegni per monitorare e ridurre l’inquinamento atmosferico, nonché per mettere in atto un’azione globale da parte del settore sanitario e di altri comparti come quello dei trasporti, dell’energia, degli alloggi”.

E la situazione nel nostro Paese? Secondo il dossier “Mal’aria 2018” di Legambiente, che annualmente monitora l’inquinamento atmosferico nelle città italiane, l’emergenza smog è “sempre più cronica in Italia”, dove l’aria nelle grandi città diventa sempre più irrespirabile con un 2017 da “codice rosso” a causa delle elevate concentrazioni delle polveri sottili e dell’ozono. L’anno scorso, infatti, sono state 39 le città italiane “fuorilegge” per quanto riguarda i livelli di Pm10, la maggior parte delle quali concentrate al Nord e in particolare nella Pianura Padana. Il record spetta a Torino, i cui 112 sforamenti ricalcano i dati già diffusi nel dicembre scorso dal XIII Rapporto Qualità dell’ambiente urbano curato dall’Ispra. Seguono le città di Cremona, Alessandria, Padova, Pavia, Asti e Milano.

Di fronte a livelli di inquinamento atmosferico che rimangono così pericolosamente alti in molte parti del mondo, Italia compresa, occorre allora accettare la sfida per la salute pubblica. Occorre avere il coraggio di intraprendere azioni urgenti considerando il miglioramento della qualità dell’aria come  parte di una strategia complessiva, integrata e concreta, che cerchi di affrontare il problema da ogni singola prospettiva, coinvolgendo, dove possibile, tutti i livelli di governo nazionale e internazionale, così come tutti gli attori che, a vario titolo, possono e devono contribuire allo sforzo comune di vivere in un ambiente più sano e sostenibile. Anche imparando a cambiare i propri comportamenti e stili di vita.

Negli ultimi anni nei vari e diversi contesti globali  si sono compiuti sforzi che hanno posto le basi per dare il via ad un percorso reale e concreto di sviluppo sostenibile. Non basta.  E’ tempo di fare un salto di qualità e di quantità, di farlo insieme e in fretta. Che la prima Conferenza globale sull’inquinamento atmosferico e la salute convocata dall’Oms per  i prossimi 30 ottobre – 1 novembre 2018, per riunire governi e partner in uno sforzo globale per migliorare la qualità dell’aria e combattere il cambiamento climatico sia l’occasione giusta? Lo spero.

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OMS, ARIA INQUINATA PER IL 90% DELLA POPOLAZIONE MONDIALE, 7MLN DI MORTI ALL’ANNO
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